Giusto due immaginette della nostra blogger mangiatina di venerdì scorso, più che altro per dirvi il posto (vi passo le risate alle solite presentazioni bloggoroiche del tipo Ciao, sono conservare in frigo, tu chi sei??). Dicevamo, il posto: bello, pulito (molto, beh stiamo parlando di kebab eh, mica evidente) ed essenziale, completo di responsabile sala davvero molto gentile.
Una chicca bella: qui non si usano le pitte/piadine quelle confezionate dal retrogusto di cartoncino, nossignore, qui si fanno le pitte espresse! Ovvero: un adetto alla pitta, proprio come lo farebbe un suo collega pizzaiolo ‘del nord’ (beh si, rispetto al kebab la pizza è decisamente settentrionale, questione di punti di vista), passa gran parte della serata a stendere palline di impasto in sfoglie sottilissime che fa poi fa volteggiare un po’ prima di cuocerle su una piastra di metallo rovente. Il risultato, c’è bisogno di dirlo?, è proprio un’altro mondo.
Che c’è di buono? Assai simpatico e gustoso l’assortimento di cremine servito in antipasto (di melanzane, strepitosa, poi zucchine, ceci, lenticchie e – l’unica deludente – patate), il pezzo grosso invece sono i veri falafel (capire: non fatti con le polverine), buonissimi (quasiquasi manco ricordavo di ché sapesse un falafel vero, ringrazio Kebab per avermi rinfrescato la memoria!), e poi vero taboulé pieno di prezzemolo, il tutto accompagnato da spicchietti di pitta appena cotta. Ecco, io alla prossima occasione ci ceno così, con solo antipastini (a meno che… ci sarebbe ancora da provare i vari couscous e gli stufati serviti nelle tajine individuali).
Ma allora, sto kebab? Appunto, non fraintendermi: il kebab in effetti è buono (ho provato quello di carne mista – di buona qualità la carne – e ho pure fregato un bocconcino di quello al pesce nel piatto del vicino). Però, giustamente, qualcuno suggeriva che il kebab, per definizione, si mangia arrotolato nella pitta, intriso di salsine e grassi di cottura (beh si, c’è pure un motivo per cui il kebab è il cavallo di battaglia di quelli del Gambero Zozzo :-) E così, il tutto presentato sul piatto, oltre a essere decisamente abbondante, forse ci perde pure un po’. Quindi kebab si ma forse meglio in take away.
E la nota dolente? Purtroppo c’è e sono i dolci: ho spilluccato sia il baklava, un dolce ai cappelli d’angeli e il tortino di semolino (nella foto invece: pannacotta con zenzero e pistacchi), e nessuno dei tre convinceva, più che altro per l’onnipresenza degli arachidi (sostituendo in modo poco oneroso i pistacchi, le noci e mandorle che in teoria andrebbero usati).
Comunque un indirizzo da tenere in mente per cenette alla mano o serate di dopo teatro/cinema:
Kebab, 14 della Via A. Valenziani, 00187 Roma, 06/4745296
ps: e grazie a chi c’era per la bella serata! ;-)
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