Eccoqua, sono ripassata dalla casella di partenza (anzi veramente missà che mi ci fermo un atimo perché sono veramente veramente stanca :-), dopo tre giorni ad Acuto e dintorni. Anzi, veramente, il titolo reale dell’avventura sarebbe ‘Natale ad Acuto’ (in edicola a dicembre in allegato a un noto mensile gastronomico, con tanto di ricette), non che ci siano i soliti noti tipo de sica e boldi, c’era piuttosto Salvatore Tassa, il cuciniere ciociaro appunto e, in quanto a cast, un buon numero di pecore, caprette, cinghiali, maialini neri, senza dire dei ciociari veri e tosti che non te la mandano addi’…
Devo dire che la ciociaria è stata una scoperta. Nel senso che, oltre ai ricordi di moraviana memoria, non sapevo nemmeno esistesse. E invece li a sud di roma c’è un mondo di colline e boschi, di campi, uliveti e vigne tutti tenuti con cura, un mondo di piccoli allevatori e produttori, di gente di altri tempi che vive con altri ritmi, di borghetti che nulla hanno di turistico e di signore ottantenne sistemate coi cestoni nei vicoli a spaccare le mandorle per i dolcetti natalizi. E così capita che ti portano le fragole a colazione (lo pensavo pure io ma non è vero che siamo fuori stagione, non li, e infatti erano buonissime), che ti servono il succo di visciole, o che ti danno un pezzetto di pane con una fettina di rigatino dell’ultimo maiale ammazzato in casa, e tutto ciò ha un sapore che quasi non speravi più… Per non dire del pane con la ricotta, dell’uva fragola e delle piccole mele rosse, bruttarelle e dolcissime. Ma insomma, c’è una specie di eden a un’ora di macchina dalla capitale e manco lo sapevo?! :-)
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