Non so voi ma io ho già iniziato a preparare il cesto dei libri che verranno con me in vacanza, e quindi, delle volte che foste in mancanza di ispirazione, un paio di appunti… :-)
Il formato è forse un po’ grandicello, ma nell’insieme questo libro prodotto in italia (bonus) non è affatto male (anzi, veramente doppio bonus: le foto di Davide de Prato solo lineari, eleganti e hanno un loro fascino). E in sostanza, come da sototitolo, una collezione di ricette di conserve, confetture e liquori utili pressoché tutto l’anno, non solo marmellate di frutta ma anche verdure, carni e formaggio sott’olio (quest’ultima categoria è a me ignota, dovrò vedere di rimediare :-), con una bella intro con indicazioni generiche assai precise su come prepararsi alle conserve (non so voi ma io ho ancora il timore dei sottoli, per esempio, qui invece ho trovato di che rassicurarmi, insomma non è detto che stavolta non ci provi :-) e proponendo anche, ogni tanto, qualche abbinamento un po’ fuori dai sentieri battuti, anche se l’insieme rimane molto su una linea classica italiana. Il tocco genialoide che cambia tutto: 3 doppie pagine di idee fai da te per creare confezioni regalo fuori dall’ordinario e, a fine libro, due fogli di etichette adesive simpaticamente retro, una trovata carina, utile e divertente mai vista prima! ☺
i miei post-it: Confettura di carote, pere, zenzero e cannella; Lonza di maiale in conserva d’olio e spezie; Sardine in olio d’oliva; Composta di cipolla rossa con rosmarino e vaniglia; Composta di radicchio rosos, amaretti e spezie; Liquore di mandarino e miele …
Fatto in casa, a cura di Francesca Badi e Cristina Bottari, 127pp, 19,90 euro, Food editore.
Prepararsi per le conserve (2)
L’anno scorso, in materia di marmellate, mi ero convertita con grandissimo entusiasma al metodo Ferber, quest’anno mi porto senz’altro tutto quanto il libro con il fermo intento di provare, oltre ai fichi, qualsiasi cosa di marmelatificabile che mi capiterà sotto mano, dalle pere alle more passando per i pomodori! Per ricordo, la marmellata secondo Ferber non contempla l’aggiunta di fruttapec e riesce a zappare abilmente le ore e ore di bollitura delle marmellate di una volta: solo limone e una notte di riposo in frigo, per una marmellate dense ma dal sapore integro non compromesso da lunghe cotture. Semplicemente geniale. Aggiungere a tutto ciò la naturale inclinazione della maga delle marmellate per gli abbinamenti originali e armoniosi e avrete, beh, una guru :-)
I miei post-it: cerises blanches et rose, fraises au jus de framboise et vinaigre balsamique; les deux abricots à la vanille et au gewurstraminer; lamponi e lytchee à la rose; tomates rouges à la vanille; peches blanche au safran;…
Mes confitures, Christine Ferber, ed. J’ai Lu, 285pp, 5 euro. In francese.
Non solo conserve…In sostanza è un corollare al libro precedente, trattasi di ricette per crostate dolci e salate, che molto spesso riprendono gli abbinamente delle marmellate di prima. In più un po’ di idee ‘salate’, spesso di ispirazione alsaziana (poiché è lì che vive la fee des confitures…) Anche qui le ricette sono anche qui divise in base ai prodotti di stagione, anche qui sono pressoché irresistibili, anche qui gli spunti per creazioni proprie future sono tanti…
I miei post-it: tarte à la rhubarbe meringuée aux épices; arte aux framboises et au munster blanc; tarte aux figues, à l’orange et aux noix;
Mes tartes sucrées et salées, Christine Ferber, ed. J’ai Lu, 317pp, 5,60 euro. In francese Quei blog che diventano dei libri
Vabbe che avendone uno, di libro (del cavolo), che è quasi finito (manca una settimana alla chiusura! :-), dovrei stare un po’ attenta a ciò che dico però, c’è poco daffa’, noio siam piccoli critici dentro :-) (e tanto lo so bene che non tutto viene sempre come si vorrebbe :-P). Insomma, era uscito già da un po’ e non è che non fosse curiosa del libro scritto da una delle mie blogger storiche preferite, solo che mi sono un paio di volte scordata di ordinarlo e cosi è arrivato, nella versione tedesca, quasi un anno dopo la sua uscita. Sinceramente non ho ancora deciso se mi piace (il che equivale, suppongo, a dire che non mi piace da matti, insomma, non mi dispiace ma non farei neanche la ola, non come per i libri di cui sotto, per dire). Il punto è questo: mentre il blog è bello e colorato ma etereo, con delle foto curate, e del cibo lavorato in modo pignolo, il libro è, beh, è un’altra cosa… Niente più sfondi diafani e forta controluce ma colori e a volte persino stilismo un filo scontato, per non dire delle macro omnipresenti – come sul blog – tranne che su carta però, uno dopo un po’ li trova stucchevoli (non so voi ma io i denti di una forchetta a piena pagina, beh, boh…). Questa cosa delle macro forse è semplicemente un piccolo problema di adattamento al formato, infatti una macro su un blog dove la foto è horizzontale e larga un 500 pixel va benisismo, ritrovarsela a piena pagina di un libro è un po’ diverso, quindi forse, per i blogger questa del cambiamento del sopporto e delle dimensioni può essere un po’ un tranello. Per il resto ricette carine come sempre, con alcuni spunti da riprendere e sviluppare (altri no, voglio dire, non l’aspettavo affatto la ricetta dell’insalata greca, macché…), ma un layout generale (curato dalla stessa Nicole Stich) che, a forza di colori e di eclectismo, fa un filo rimpiangere il blog (eh vabbe, tanto, quello ce l’abbiamo lì, sotto mano, basta un clic ☺)
I miei post-it: insalata di pane indiana, parfait al frutto della passione, sorbeto all’aperol, sfoglie croccanti alle nocciole, briochine all’arancia, mozartkugeln, paté di fegatini con pistacchi;…
Delicious Days, di Nicole Stich, Grafe und Unser ed., 215pp, 19,90 euro. In inglese e in tedesco.
L’eleganza del ficoL’avevo letto qua e là, sembrerebbe che in questo ultimo anni ogni foodie che si rispettasse si fosse innamorato di questo libro, e cosi, fosse anche solamente per il titolo, ho ceduto. Ebbene, tanto per essere originale: credo sia uno dei più bei libri che mi siano capitati sotto mano quest’anno! Semplice e pulitissimo il layout, tutto bianco, un libro che riposa gli occhi, carta gradevole al tatto e foto molto molto belle, un po’rustiche ma non troppo, vissute ma con discrezione, nulla di volutamente sgargiante, tutto assolutamente sobrio, cibo trattato con dignità, rispetto e grande cura. Vi riporto le due prima righe del libro che ne rendono perfettamente lo spirito: Do you really need a recipe for a platter of figs? No. Is that the point? Yes. Does it have to be more complicated than that? Not really. Segue una riflessione sul fatto che per servire cose semplici bisogna comunque avere la consapevolezza della loro qualità, delle loro proprietà organolettiche, ma questo non toglie molto alla questione di fondo: David Tanis, chef al mitico Chez Panisse di Alice Waters, riesce a fare ciò che gli chef italiani quando scrivono libri perdono troppo spesso di vista: il cibo di casa non è cibo da ristorante, e nessuno o quasi vuole né può replicare cose elaboratissime nel proprio cucinotto, soprattutto: non serve. Del resto manco gli chef stessi mangiano a casa come al ristorante :-P. Ne risulta una marea di menu in tre portate, essenziali, centrati e insieme elegantemente golosi, con ricette che poggiano in gran parte sulla bontà della materia spingendola ad esaltarsi, in modo semplice, ma elegante, e che variano ovviamente con le stagioni e il loro prodotti. Un libro praticamente perfetto.
I miei post it: Insalata di fave con prosciutto di montagna e menta, Risotto all’aragosta; Fragole al profumo di rosa; Insalata di granchio e prezzemolo; Gelato miele e lavanda; Crumble di mirtilli e more; Insalata di avocado e ravanelli; Zuppa di pesce con cozze e chorizo; Prugne fredde al beaujolais; Tagine di pollo con zucca e ceci;…
A platter of figs, di David Tanis, Artisan ed., 294pp., 35$. In inglese.
Cucinare giapponese a casa propriaVe l’avevo pronesso, eccoloqua il libro che mi ha fatto compagnia per tante sere, come lettura studio prima della buonanotte. Sul serio, c’è da impararci tantissimo, grazie alle nutrite introduzioni, alle ricette stesse (che dimostrano tutte ciò che ci sia da carpire al di là del sushi, concetta che mi sembra vagamente di aver già sottolineato qualche tempo fa :-) e all’approccio per nula snob alla cucina quotidiana dei giapponesi. Quindi, oltre a insegnarci una volta per tutte cosa tiene un giapponese in dispensa o come si cuoce il riso giapponese, Kaori ci fa validissimo spieghe sul cibo al quotidiano in oriente, dal chirachisushi (una ciotola di riso con tante cose sopra, perché gli stessi giapponesi a casa mica perdono tempo per fare dei sushi) al shio-jake – il miglior salmone al mondo (e di una scemenza disarmante, basta tenere il filetto di salmone sotto sale per un oretta e poi cuocerlo sotto al grill, stupendoooo ☺). Insomma, un libro che non è ancora riuscito a stancarmi, e se dovessi averne solo un di cucina giapponese, sarebbe questo qui :-)
I miei post-it: dal okonomiyaki alle melanzane fritte con salsa al miso, al chazuke passando per il teriyaki e il tataki, tutte ma proprie tutte le ricette sono buone e stimolanti e da scoprire! :-)
Une japonaise à Paris, di Kaori Endo, ed. Minerva, 160pp., 28 euro. In francese
Il libro che aspettavo…Era disponibile già da un po’ sul sito dell’autrice ma già che le riviste mi arrivano una volta forse e l’altra no ero dubbiosa sul da farsi, alla fine mi sono decisa nell’istante in cui ho trovato la traduzione in ollandese. L’attesissimo opus 2008 di Donna Hay (che sforna da quasi 10 anni ormai un libro all’anno) è interessante e delinea almeno due trend che in qualche modo si erano anche osservati sulla sua rivista: 1) la cucina è veloce, non abbiamo tempo, e urgono quindi delle soluzioni rapide ma comunque gustose ed eleganti, dei suggerimenti su cosa cucinare e congelare, un sacco di gustosissime marinature lampo, ecc, e in questo non ci si scosta poi tanto dal precedente ‘cucinare in un istante’ 2) il vintage: mai come prima, questo libro di Donna Hay sembra quasi un catalogo da rigattiere, con una collezione davvero impressionnante di teglie, padellini, canovacci e mestoli svariati, tutti antiquati, il genere di antiquato che a cercare bene trovi abbastanza facilmente a Budapest, per dire ☺, insomma, una collezione di props di cui si capisce che racattatarle è stato un lavoro titanico, assolutamente ammirevole, come corollare però, le immagini – sempre a cura dell’eccellente Con Poulos – sono tendenzialmente meno pure ed esenziali (ricordate i tempi in cui Donna Hay usava solo ceramica bianca su sfondo bianco, beh, ecco, sono un po’ passati :-), più composte e complessi e includono spessissimo degli accenni alle fasi di lavorazioni (e agli ustenili dunque, antichi, ovviamente). 3) gli sfondi: non sono più di quel bianco cremoso tipico dei libri donnahayiani ma tirano tutti sull’azzurrino freddo, che poi sarebbe marmo 4) anche il layout non è più quello del bianco di rigore di prima, invece alcuni giochi grafici già visti nella rivista si ritrovano qui, come quei bordini che ricordano le cuciture o le righe lungo le quali le foglie vanno strappate. Nell’insieme, un bel lavorone, tante tantissime ricette, molte hanno ormai un ché di déjà vu, come le svariate insalate a base di noodles asiatici, o alcune cose con mozzarella e basilico, le paste anche (stendo un velo pietoso sulla carbonara che include panna e prosciutto crudo ☺) ma nel’insieme il libro è ricco di spunto, se ci è concesso forse ci dispiacciono un pochino alcune foto ridotte a un nono di pagina (che benché il formato sia grande, dividila per nove e ottieni uno spazio piuttosto piccolo). Insomma, se volete vedere da che parti se ne sta andando l’avanguardia dello styling di cibo a livello mondiale, o semplicemente avere sotto mano una collezione di ricette non scontate, belle ed eleganti oltre che veloci, ottimo acquisto ☺
I miei post-it: Bruschetta con tonno e humus; Insalata di pollo con anacardi e dressing piccante; Salmone grigliato con maionnese al limone sotto sale; Quesadillas con pollo, lime e coriandolo; Couscous speziato con pollo e chorizo; Zuppa cremosa di patate e porcini; Curry rosso con maiale e patate dolci;
No time to cook, di Donna Hay, HarperCollins, 208pp., 39,95$. In inglese.
Cosa mangiano i belghi?Piccolo corollare alla passeggiata belga di qualche giorno fa, questo libro è una semplice genialata che si potrebbe tranquillamente anche riprodurre in altri paesei tranne poi che non ho mai visto nulla di simile. Le gout des belges è un libro (ormai sono due, primo e secondo volume) che si vuole una specie di dizionario del gusto dei belghi, ma in chiave divertita. Ciò che trovate li dento infatti non è esattamente il solito elenco di prodotti dop o ricette tipiche, no. Nel gusto dei belghi, un belga a caso, io, ci ritrova mille sapori d’infanzia: è un elenco di ricette, ma anche di prodotti artigianali o addirittura industriali che ci (a noi, belghi) hanno accompagnato lungo la vita. E il bello è che sono sicura che nessun belga non si riconosce in questi libri: dal chocotoff alla caramella sugus, pasando per il filet americain, l’anguille au vert o la buche de noel, il sirop de liège, lo speculoos, i midget, la margarina solo, gli chocoprince e la maionese vandemoortele, è un precisissimo eleno di tutto ciò con cui siamo cresciuti. Ogni prodotto si vede dedicare una pagina in cui leggere, in una prosa a volte deliziosamente assurda, qualcosa della storia del prodotto e dell’azienda (con spesso un sacco di info di cui non si sapeva nulla). Io me li sono comprata a fin di memoria, li trovo molto instruttivi e anche molto divertenti (per chi ci ha vissuto, vabbe ☺)
Le gout des belges, di Eric Boschman e Nathalie Derny, Lannoo/Racine, 160pp, 39,70 euro. In francese o in fiammingo.
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