Ah, già che ci sono a farvi l’inventario della cucina, vi dico anche due alleati aka i miei nuovi amichetti: il bolitore (fin qui perfetto per il tè, il caffé e la zuppa di miso in bustina (quando il faut il faut), e sopratutto il ricecooker (ma chi segue twitter lo sapeva già), sono già due volte che lo uso e devo dire che è grandioso, basta buttarci dentro del riso giapponese lavato e dell’acqua in proporzione 2:3 e tutto il resto lo fa lui, il riso viene per-fet-to e non s’attacca mai nulla :-) Per il resto un paio di cose le comprerò (non troppo, siamo arrivati con 42 kg di bagagli, vabbene che ci siamo delestati di un paio di kg di torroncini e di passito di pantelleria ma insomma, più di tanto non penso di portarmi dietro ma ovviamente ne riparleremo quando si tratterà di fare i bagagli per il viaggio di ritorno, anche perché stamattina ho trovato un paio di negozietti niente male (ahiahi), ve ne parlerò più aventi :-) Però ecco, nota per più tardi, un giorno vi racconterò di quella volta che sono tornata dal marocco e che sembravo un’immigrante con le borsone di tela piene di roba e di quanto hanno sorriso quelli della dogana di fiumicino quando mi hanno visto arrivare, per dire…
Oh, altra micropremessa: l’idea in questi mesi non è di fare della cucina giapponese rigorosa, anzi :) L’idea è di fare, come del resto faccio spesso, delle associazioni libere con quel che ho per le mani (che è giapponese, ma non per questo le ricette poi sono tradizionali :-) Questo non significa neanche che prima o poi non arriverà anche qualcosa di tradizionale (come del resto c’ è già stato anche in passato :-). Insomma, nulla cambia, tranne forse un pochino gli ingredientie, anche se cercherò nei limiti del possibile di propinarvi ricette fattibili in italia (anch perché sennò che le scrivo affa’? :-)
Dunque, oggi, cioè ieri, stufatino estemporaneo di manzo. Prendesi una bistecchina di manzo (non una fettina, la fettina non esiste, non me la menzionare neanche, grazie :-), insomma un pezzo di filetto (senza grasso) alto 2cm, dal peso complessivo di 100g (certo che qualsiasi macellaio italiano vi riderà in faccia, insomma arangiatevi :-) e lo si tagli a fettine sottili. Far saltare il manzo velocemente in padella con un cucchiaino di olio di sesamo (non deve dorare deve giusto cambiare colore). Aggiungere un cucchiano di zenzero fresco tagliato a julienne sottile, 3 cucchiai di sakè, 3 cucchiai di salsa di soia, 2 cucchiai di mirin, e lasciar cuocere il tutto a fiamma bassa finché non inizi ad addensarsi. Aggiungere poi mezzo bicchiere di acqua, una patata dolce lavata e tagliata a fettine (non sbucciata, la buccia è buona :-), e far cuocere il tutto per 5-8 minuti, mescolando ogni tanto delicatamente. Servire con del riso e finire con un po’ di cipollotto affettato e una presa di peperoncino (nel mio caso, shichimi).
piccola nota: il sake
Ora chiaramente non è perché sono in giappone da tre giorni che sono diventata esperta in materia. Niente di meno vero. Anzi, io veramente in giappone semmai bevo birra :-) Però visto che l’altro giorno ho comprato un bicchiere di saké (si trova in un po’ tutti i formati, dalla bottiglia di vetro classica al cartone di due litri passando per cartoncini di tutte le dimensioni fino ad arrivare a un vero e proprio bicchiere col coperchio, magari pensato come bibita superalcolica da passeggio – mi pare un pochino tanto svuotarsi un’intero bicchiere di alcool a 70% passeggiando per strada ma tant’è, vabbe magari serve giusto a chi ne ha bisogno in piccola quantità, via). Io ho preso uno di questi ultimi, pensando che tanto cosi vedevo com’era fatto sto coso, e che tanto io sta roba mica la bevo (vi ricordo che fa 70%, personalmente sono astemia di tutto ciò che supera il 17% :-)) n o t a : ho scritto una scemeta, il saké dovrebbe avere fra 18 e 20% di alcol, sul mio vasetto c’è scritto qualcosa in giapponese e 70%, se qualcuno sa a cosa si riferisce questo 70%, ce lo dica!! :-) L’etichetta invece l’ho scelta in base a un criterio poi puramente estetico, confesso :-) Beh dunque già che l’ho aperta per cucinarci, ne ho anche assaggiato un cucchiaino e, rivelazione: è interessante! :-) A parte poi che il saké andrebbe riscaldato a 40/50°, cosa che ovviamente non ho fatta, se ne avvertiva però chiaramente il profumo, complesso, modulato, qualcosa di acido e fresco che ricorda la prugna macerata e persino il limone, con un tocco anche cremoso, morbido. Insomma, non ci avevo mai pensato ma evidentmeente non è un alcool di quelli pesanti e monolitici che non fanno che bruciarti la gola, esattamente come per la birra, il vino & co esistono mille sfumature (e persone che fanno degli assaggi e compilano schede organolettiche). Il che significa anche che ‘saké’ di per sé non significa nulla (andrebbe menzionato con nome e cognome :-)… Scoperto questo, e saputo poi che vicino a Kyoto ci sono un po’ di produttori, vedrò di andare a visitarne uno, vi farò sapere :-)
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