Pommes d’amour, la ricetta: in un pentolino dal fondo spesso, versare 200g di zucchero, due cucchiai di acqua e due cucchiai di saké (siamo o non siamo in Giappone?), mescolare, poi mettere sul fuoco medio-basso e aspettare, senza girare né niente, che lo zucchero si trasformi in caramello (ci vorranno una decina di minuti, cercate di non perdere la fede nel mentre :-), quando iniziate a intravedere un bel po’ di caramello biondo potete rimescolare un pochino (tanto erano dieci minuti che cercavate di dominare l’irresistibile desiderio di farlo) in modo da far sciogliere gli ultimi grumi. Quando il colore vi piace (dovrebbe essere un biondo acceso, non lasciarlo scurire troppo), spegnere il fuoco e trasferire il pentolino nel lavandino nel quale avrete messo un fondo di acqua fredda, il che serve per fermare la cotture. Piccola nota per gli sbadati: non mettere per nessun motivo le dita nel caramello, brucia! :-). A quel punto infilzare le mele, perfettamente lavate e asciugate in precedenza, sugli stecchini, e passarle nel caramello. Far sgocciolare l’eccesso di caramello (come si vede in foto avrei dovuto farli sgocciolare un po’ di più) e deporre infine le mele su un vassoietto cosparso di zucchero. Se vi diverte potete anche decorare le mele con dei fili di caramello (si formano facilmente immergendo un forchetta nel caramello non appena si sia raffreddato un pochino). Queste mele andrebbero consumate a temperatura ambiente, ma comunque nel giro di un paio di ore (non farle il giorno prima per l’indomani, il caramello non regge cosi a lungo).
San valentino giapponese, istruzioni per l’uso
Come dicevo, qui, a occhio e croce, la San Valentino è really something. Anche perché non si tratta semplicemente di uscire a cena fra amorosi (mo’ sinceramente avete mai visto niente di più triste di certi ristoranti, la sera del 14 febbraio, pieni di coppiette messe in tiro? okayokay la smetto ☺), anzi, appunto, questo in Giappone pare non si faccia affatto. In compenso le ragazze, e le donne in generale, alla san valentino sono tenute a regalare del cioccolato, non solo ai maschietti a loro gradevoli ma anche e sopratutto a quelli che frequentano in generale, ovvero i colleghi di ufficio e via dicendo. Insomma, la san valentino in qualche modo qui ha preso un’allure molto cortese (in infatti si parla di girichoko, ‘cioccolato d’obbligo’), anche se chiaramente questa festa ha un’origine del tutto commerciale, tipo che sarebbe apparsa negli anni 60 per volere della lobby del cioccolato, ettipareva… (badate che il 14 di febbraio solo le fimmine regalano cioccolato, i maschi ricambiano un mese dopo, sempre col cioccolato).
La sagra del cioccolato
Tutta questa tradizione del cioccolato che si regala ha per conseguenza immediata che tutto il Giappone si trasformi, nelle settimane prima della san valentino, in una specie di perenne festa del cioccolato. Nei department store come Takashimaya, il mio preferito a Kyoto, c’è persino un’intero piano (l’ultimo, laddove prima c’erano tessuti e kimono) che è stato sgomberato e riempito con piccoli stand di creatori ès cioccolato, fra cui molti moltissimi con nomi europei, molto meno con nomi a noi noti (tanto per dirne un paio l’altro giorno ho incrociato Caffarel e Wittamer), il tutto in un andirivieni incessante di signore che fanno shopping frenetico di piccole scatole molto curate e colorate…
Cioccolato faidate
L’altro versante della cioccolatomania, l’alternativa all’acquisto di scatolette di cioccolatini pronti, è di farsi le cose in casa. Cosi al momento ogni supermercato tiene in bella mostra uno scafalone con cioccolati, spesso anche colorati (non avevo mai visto del cioccolato rosa in tavolette prima d’ora :-) da sciogliere, piccoli kit della piccola cioccolataia casalinga pronti per l’uso, e svariatissime decorazioncine commestibili. Osservando bene la cosa però ci si accorge che tutta questa passione pasticciera si reduce, il più delle volte, a far sciogliere del cioccolato in tavoletta al microonde (quando non sta direttamente in una busta di plastica da trasferirci per intero) e a versarlo dentro gli appositi stampini ovviamente a forma di cuoricino (piccolini, così come, fra parentesi, lo sono tutti gli stampi e ustensili da pasticcieria, davvero, da non crederci, qui le torte le fanno tipo con 1 uovo, 100g di farina e via dicendo, ovvero 3 o 4 volte più piccoli di quanto non faremmo noi…?!!!!). E cosi infine arriviamo alla sezione ‘ghinghilli vari’…
Nell’apparenza
Questa è probabilmente la parte, fra tutte, che mi piace di più, nel senso che se ancora non lo sapevate ve lo dico io: i giapponesi hanno una antica passione per tutto ciò che è imballi e incartamenti (anzi, è un piacere acquistare anche un solo mochi in pasticceria e vedersi recapitare un’intera confezioncina tutta precisa, carina e curata). La stessa cura del dettaglio si riversa quindi anche sui cuoricini, tartufini o muffini di cioccolato sanvalentiniani: vanno confezionati in modo consono, e quindi via con gli scaffali di carte, cartine, bustine, sacchettine, nastrini, scatolette e quant’altro, spesso molto kawai, in formato decisamente mini, e frequentemente di simil ispirazione francese (di questo magari riparleremo più avanti ma c’è una quantità di accessori qui in giro con sopra delle scrittine francesi che fa paura! :-). In ogni caso, questa profusione di piccoli accessori più o meno rosa e più o meno decorati con cuoricini e orsacchiotti è molto molto interessante per chi ha, per dire, un blog o un libro da preparare e che di ghinghilli del genere ne fa largo consumo☺ Intanto, con o senza Valentino, passate un buon weekend. Questo era Cavoletta, dal Giappone, e per oggi è tutto ;-))
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