Di ritorno di un lungo weekend in calabria (Cassano all’Jonio, CS), eccovi un paio di piatti preparati da real calabrian mammas (ringrazio le sorelle Silvana e Ermelinda per la gentile collaborazione ;-)). Insomma, s’è mangiato assai, ché qui come altrove, non si scherza con il pranzo della domenica…
Uno dei miei preferiti: le cime di rapa con la salsiccia piccante, semplice semplice: le cime di rapa pulite si fanno appassire in un fondo di olio d’oliva con alciuni spicchi d’aglio e un peperoncino sminuzzato, mentre in questo caso la salsiccia, calabrese ‘doc’ (con carne tritata grossolanamente e un bel po’ di peperoncino) è semplicemente stata arrostita al forno, in una teglia insieme a degli spicchi di patata per poco più di un’ora. Per antipasto invece…
… c’erano le altrettanto mitiche fritelle di neonata… a base di? Sììì: neonata, cioè pesciolini piccoli piccoli (direi 2 cm massimo, invece non vi so’ dire di che specie si tratta, qualche pesce azzurro suppongo), insomma, se guardata bene le fritele vedrete anche gli occhietti… (!!!!). Detto tutto questo forse vi sarà passato la voglia però queste fritelle (fatta a base di un impasto uova e farina), non sono davvero niente male. Personalmente mi verebbe voglia di sperimentare una variante con erba cipollina nell’impasto. E, a proposito di neonata, niente male anche il caviale calabrese, ovvero neonata mescolata con tanto peperoncino, molto buono sulle bruschette con fettine sottili di cipolla di tropea e un filo di olio d’oliva…
Infine, lo sbrocco della settimana riguarda la bevande che potete osservare qui sopra: il vino del contadino. Avrà pure il suo interesse (storico-sociologico??) ma, per favore, non chiamatelo vino. La vendemmia 2004 da me assaggiata è, come al solito, succo d’uva fermentato, sa – poco – di marmellata di frutta rossa, ed è più o meno tutto quello che se ne possa dire: tannini pochissimi, struttura – quale struttura? – e tenore in alcool di poco superiore a quello della birra. Il vitigno? Non lo sa manco chi l’ha fatto. E nonostante tutto ciò c’è chi continua a cantare le virtù del buon vino del contadino… eh vabbeh… diciamo che quello imbottigliato ce lo berremo noi, va!
La lista della spesa (quello che ci siamo portato a Roma):
il pane di Cerchiara; i bocconotti del forno di Silvana, a Mormanno (sono dei tortini ripieni di pasta di mandorla o di marmellata di ciliege, confezionati ma fatti a mano); il miele di castagno del Pollino; il Magno Megonio di Librandi (vitigno magliocco); i maccheroni al ferretto della Pirro di Corigliano; il cacciocavallo della pianura di Sibari; la liquirizia Amarelli in polvere di Rossano (così come i cioccolatini Domori fatti con la stessa liquirizia Amarelli); marmellata di cipolle di Tropea (lo giuro, quest’estate la faccio io!); tarallini con cipolla e capperi presi in un forno di Cosenza…
Ciao!
Anche io sono stato in Calabria in questi giorni, a Cetraro. Lì il “caviale” è detto “rosamarina”, credo siano pescetti di acciuga o di sardina. In liguria usano anche i “rossetti”, che sono invece pescetti rosati già adulti ma piccolini.
Sul vino del contadino sono assolutamente d’accordo con Cenzina! Conosco molti calabresi che snobbano i baroli e sostengono che il vero e unico vino sia la brodazza casalinga. :P
Ciao! prima di tutto sei simpaticissima e complimenti per il blog. Credo che i pescetti neonati che dici tu siano i bianchetti, qui, in Campania, detti anche ciacianielli.
Riservare adesso i suoi biglietti per i musei di Roma!
ereo
Io, invece, il salto in calabria l’ho fatto da me e ci sono ancora e ho giusto mangiato a pranzo, broccoli e salsicce… !!! ;)
Un saluto da Teresa, alias Gennarino. Di origini calabre, guarda un po’! .-D
Cenzina grazie per il bel salto in Calabria che mi hai fatto fare. Mia madre è della provincia di CZ ma alcuni piatti sono simili a quelli da te descritti. Anche io ogni volta che ci torno faccio grandi scorte di tutto!