Qualche post fa vi chiedevo di indovinare cos’era mai quella specie di pettine fotografato nella cucina di mia suocera. In effetti, si trattava di un pezzo di un vecchio telaio, pettine del resto appartenuto alla nonna di mia suocera (la quale non è più esattamente giovanissima), insomma, roba da antiquari o quasi :-) Il pettine in questione serve appunto a rigare uno dei dolcetti tipici natalizzi calabresi che dalle parti di Cassano allo Ionio vengono chiamati Turdiddu (però ecco 10 km più in là, a Castrovillari, cambiano già nome quindi anche qua credo che volendo potremmo raccoglierne un bel po’, di nomi designando lo stesso oggetto, se ne avete, fateci sapere :-)
Anche stavolta la cosa va un po’ per le lunghe anche se l’impasto base è semplice: basta impastare 1 kg di farina con 8 uova e 6 mezzi gusci di olio d’oliva (si usa il guscio dell’uovo per misurare la quantità dell’olio), lavorare bene questo impasto poi staccarne dei pezzi e srotolarli in modo da formare dei bastoncini lunghi 20-25cm, di 1 cm di diametro.
Questi salsicciotti di pasta vengono poi arrotolati su un bastoncino di legno (anticchissimo pure lui!), a spirale che scende poi risale (è un po’ complessa la manovra :-) e infine il turdiddu crudo così ottenuto viene schiacciato sul pettine in modo che i denti ci rimangano impressi. A questo punto basta friggere i dolcetti, farli scolare e passarli, freddi, nel miele bollente (in questo caso abbiamo usato il miele di fichi fatto da me :-). Infine si spolverano con i soliti zuccherini colorati e si sistemano in pirottini individuali.
Con lo stesso impasto si prepara anche la cicerata, tagliando i bastoncini di pasta a pezzettini piccoli, anch’essi fritti poi passati nel miele. Ecco, con questo avrei chiusa la mia panoramica dei dolcetti tipici che si fanno a casa nostra, e scappo che mi aspetta il pranzo di Natale (100% calabrese pure lui ;-)
Auguri di un Natale sereno (e nondimeno goloso) a tutti!
Soy argentina con descendencia italiana, la cicerata es una comida que nos solia preparar mi abuela la cual murio y nunca supe como hacerla, les agradeceria me envien la receta en español para poder hacerla en mi casa. Desde ya muchas gracias!
ma i petrali..!li avete mai assaggiati..!!
pasta frolla come base e il ripieno con mandorle, fichi secchi, noci, uvetta, pinoli, miele, scorze di mandarino, canditi..!!
Mariarosa! Ho trovato una ‘conterranea’??! Infatti, mia suocera lo diceva che i sui ‘turdiddu’ a castrovillari diventano scalette :-))) Invece quello che voi chiamate ‘turdiddu’ mi sembra sospettosamente simile ai ‘nostri’ cannaricoli (c’è anche, in archivio, il post). sbaglio?
La pitta ‘mpigliata’ purtroppo ci tocca comprarla, semplicemente perché è un dolce che nella famiglia – e credo nel paese – di mia suocera non si è mai fatto, infatti conosco quella di san giovanni in fiore però ecco sta un po’ da un’altra parte… io non l’ho mai fatta ma ho trovato la ricetta… prima o poi… :-)))
Troppo tardi? Sono rientrata da poco e sono corsa a dare un’occhiata.
Dalle parti di Cosenza, qundi neppure troppo lontano da Castrovillari che citavi, questi sono gli “scaliddri”… tentativo poco probabile di rendere il termine “scalette” in dialetto. Si chiamano scalette per via della forma che, una volta sciolta dal pettine del telaio (molto più comunemente sostituito dal cucchiaio di legno) questi dolci assumono.
I turdiddi di cui parli tu, invece, qui sono diversi, hanno forma di una grossa noce rigata, ma nell’impasto contengono vino bianco e/o vermouth. Sono più scuri e vengono ammelati con miele d’api miscelato con miele di fichi o, nelle versioni più golose, da cioccolata fondente fusa (ma in questa veste perdono gran parte del loro aroma).
Le palline (ciccitelli) si preparano con lo stesso impasto delle scalette, ma di solito sono quelle che rimangono più a lungo in dispensa, perché ospiti e familiari prediligono i primi due.
Personalmente, poi, a questi tre dolci preferisco la pitta ‘mpigliata, barocca e ultracalorica, piena di frutta secca, mandorle, noci e piacevolmente speziata. Credo che tua suocera la conosca e magari la faccia anche (ma sono sempre meno le donne che continuano la tradizione di questa “bomba natalizia”).
Complimenti per il tuo blog, lo tengo sempre sott’occhio!
Buon 2007
mariarosa
Che bello il nuovo look del tuo blog! lo seguo sempre e mi sono davvero appassionata…
tanti auguri per il nuovo anno.
Auguri a anche a te!
max
Anche mia madre fa gli stessi dolcetti,solo che da noi(sempre al sud) si chiamano “fischietti” e si rigano passandoli nella grattugia del formaggio…forse perche’ mammma non ha il telaio…
ciao
tanti auguri a tutti
dani
la cicerata a vibo valentia si chiama pignolata ma la si fa a natale (poco) a carnevale (molto di più) augurissimi e buone feste da catepol
Da noi, in Emilia, il pettine del telaio si usa allo stesso modo per rigare i maccheroni
Auguri,
Daniela
gli struffoli (a napoli)!! i purcituzzi (in puglia)!!! quanti nomi questi dolcetti!! che tra l’altro ho degustato proprio ieri a cena da parenti.. Auguri!!
e tanti auguri a te, sperando in un anno bello e sereno
bacio grosso e forte abbraccio
Buon Natale Sigrid! Laura
Auguri Sigrid dalla Croazia!!!
Seguo sempre il tuo blog. Hai arricchito i miei orizzonti culinari, ho provato molte delle tue ricette e fin’ora sono tutte riuscite e per questo volevo ringraziarti.
Le nostre ricche tradizioni natalizie sono in alcuni punti culinari diverse, ma gli auguri e le speranze sono sempre gli stessi – e quindi ti auguro gioia e sorrisi!
Buon Natale con un raggio di sole,
Nicoletta