Siccome Hermé è un mio personale mito – e non solo mio direi – è finita che mi appuntassi tutto ciò che ha detto nel suo intervento a Identità golose questo mercoledi. Hermé ha presentato due suoi dolci, molto semplici e quasi sbarazzini (rispetto allo standard suo ovviamenteee :-), e purtroppo non ha fatto nessuna considerazione pasticcio-philisofica, il che un po’ rimpiango, però vabbe’, ci rifaremo, forse, all’ Omnivore Off :-P. Chiaramente, una presentazione orale non permette una trascrizione fedele delle ricette (anche perché non sempra ha dato tutti i quantitativi), ma in realtà l’importante non sono le ricette a sé. Nell’insieme della chiacchierata ho trovato alcune indicazioni che possono servire come spunto o stimolo per dell’altro, e quindi, sissammai che vi dovesse interessare, vi incollo tutto qui l’integrale insieme ad alcune immagini, quelle del procedimento sono tutte fotografie del maxi schermo, come dire che l’inquadratura appartiene alla persona che faceva le riprese video per conto di IG.
1. Entre à la gelée de pamplemousse et wasabi, yuzu, pamplemousse confit, crème mascarpone et guimauves au thé vert.
‘Entre’ è il nome che da Hermé a una tipologie di dolce a metà strada fra la torta e il dessert da ristorante, nella pratica si tratta di un dolce da teglia e da cucchiaio insomma, che prepara solamente su ordine anche perché non si presta a esser messo in mostra in pasticceria.
Hermé usa, nella gelatina di pompelmo e yuzu, e per mettere in valore il sapore dl pompelmo, il wasabi fresco. Aveva saputo da un coltivatore giapponese che i 3-4 cm delle estremità della radice di wasabi hanno delle note più dolci, e voleva quindi giocare su questa dolcezza del wasabi fresco, che, per ottenere una consistenza fine, va grattuggiata con una grattugia in pelle di squalo. In ogni caso non va usato il wasabi in pasta che è molto più aggressivo della versione fresca, più delicata.
Sopra lo strato di gelatina vanno delle striscioline di pompelmo, sia candite che fresche, in una proporzione di circa 1 a 3. Il pompelmo sémi-confit si ottiene ritagliando delle strisciette di buccia con 1 cm di polpa, sbollentandole tre volte di seguito in acqua sempre pulita, poi faccendole cuocere per 90 minuti in uno sciroppo fatto con 1 litro di acqua e 500g di zucchero. Si lasciano riposare nello sciroppo per una notte e si sgocciolano l’indomani. Pompelmo fresco e semicandito vengono mescolati per le loro valenze acidule vs. amare.
La crema al mascarpone. Si ottiene realizzando una crema inglese con 1 litro di panna e 200g di tuorli e 200g di zucchero. Si cuoce la crema e infine si aggiungono 14g di gelatina e, nel caso di questo dolce, altro wasabi fresco. Infine, dopo aver lasciato raffreddare la crema inglese, la si monta al mixer insieme a del mascarpone, e si ottiene infine una crema molto leggera, che nella pasticceria di Hermé (e nella versione senza wasabi ovviamente) sostituisce spesso la crema pasticcera. Nei millefoglie per esempio.
Infine si finisce il tutto con delle guimauve (sono dei dolcetti infantili che assomigliano ai marshmallow) al tè matcha, sempre per una questione di contrasto di consistenze (la guimauve è quasi croccante fuori e morbidissima dentro). Nell’insieme si tratta di un dolce molto poco zuccherato con un forte lato acidulo e amaro, accentuato dal wasabi fresco che ricorda la senape, un dolce quindi molto inusuale in pasticceria, ricco di emozioni e nel quale lo zucchero serve quasi come un condimento discreto che lascia posto agli altri sapori e consistenze.
Come sempre Hermé lavora a declinare gli abbinamenti di sapore che lo hanno convinto anche nelle sue altre forme standardizzate, come nel sorbetto di pompelmo e wasabi e nel macaron dal ripieno cioccolato bianco, wasabi e pompelmo.
2. Emotion extravagante
Emotion, come Entre appunto, è una categoria formale usata da Hermé. Le emotions sono delle verrine, dei dolci al bicchiere, ma siccome il pasticciere odia la parola Verrines, ha semplicemente preferito usare un’altra parola. Altre categorie formali sono ovviamente i macarons, i cakes, i gelati…
Si tratta di un dolce in bicchiere, con gelatina allo zafferano, mais e patata, e una crema di patata cotta allo zafferano. Ricetta creata per il libro di un amico dedicato appunto alle patate, e che cerca di essere una soluzione interessante, dolce, dal punto di vista della consistenza e del sapore.
In primo luogo va realizzata una semplice gelatina a base di acqua, zucchero e zafferano, con anche un po’ di aceto bianco che aggiunge un tocco acido senza dare il sapore che avrebbe per esempio, il limone. Lasciar rafreddare e aspetare che la gelatina si rapprenda a temperatura ambiente (si rapprende meglio e in modo più uniforme a temperatura ambiente che non al frigo)
Si preparano dei cubettini di patata charlotte, da cuocere con acqua, zucchero, un po’ di succo di pompelmo e di limone e di pepe bianco penjab, pepe che Hermé apprezza particolarmente perché risulta molto poco aggressivo. Cottura piuttosto breve, 8 minuti, per conservare la consistenza e il sapore delle patate charlotte. Lasciar riposare le patate per una notte al frigo e usare l’indomani.
Si prepara invece il mais facendo cuocere delle spighe intere nella pentola e pressione e sgranandole. Hermé ritiene che il mais fresco sia un ingrediente interessante, gli piace il sapore umido e croccante che contrasterà con la morbidezza della patata. Patate e mais (nele proporzioni 5/1) si mescolano alla gelatina allo zafferano e si versa il tutto in bicchieri, a metà altezza.
Su questo strato di gelatina va messo un biscotto Joconde ma non è indispensabile. Infine, per la crema di patate, si prepara del limone (a fettine sottili, ci si versa uno sciroppo bollente e si lascia riposare per una notte prima di scolarle, serve per togliere l’amaro dagli agrumi), e infine si passano al mixer 300g di acqua con 50g del limone di cui sopra, arancia, zucchero, pepe bianco e 8 gocce di tabasco, si aggiungono 200g di patate bollite, della gelatina e del burro e l’insieme, passato al thermomix, da un composto molto spumoso, a metà strada fra un puré e una spuma. In bocca, arriva prima il lato amaro e acido del limone, il sapore della patata viene dopo, più delicato, e rimane.
Sulla grattugia in pelle di squalo: http://it.wikipedia.org/wiki/Oroshigane
Ho parlato molto con Pierre qlc giorno prima del congresso quando ci siam visti a Lione… gli ho chiesto il perchè presentasse questi due dolci cosi semplici ( ma estremamente complessi nella degustazione… posso dirvelo perchè ero dietro il palco con Lui alla fine) mi ha risposto la pasticceria e semplicità e concezione delle strutture e di tutte le 7 sensazioni del gusto!!!
E’ vero che forse alla apparenza sembrano facili ma nel mio piccolo posso dirvi che una semplicità tale ed un educazione sapore cosi… nn è da poco!!!
Peccato che nn tutti son riusciti ad assagiare sia Entre che Emotion….
Cmq posso dirvi che è una persona estremamente semplice e timida!!!
@acquaviva/lina e @mila
che bello che si possa essere ospitati da Sigrid per queste belle disquisizioni sul cibo e non solo (alla faccia di chi ci critica).
Posso aggiungere solo alle vostre esaustive parole, che anche gli italiani sono pionieri nell’uso imroprio/innovativo degli ingredienti,
come ha detto bene mila noi abbiamo subito grandi contaminazioni nel corso dei secoli e siamo divenuti famosi in tutto il mondo per ingredienti vedi il pomodoro che abbiamo importato da altri.
Che dire delle melanzane al cioccolato della Campania o della cioccolata di modica al peperoncino, e che sarà mai sto wasabi se non una spezzia piccante, idem per lo yuzo le arance amare sono usate da secoli nel mediterraneo senza farci storcere il naso.
Insomma, siamo criticoni con cose che qui si fanno da tempo???????
Per PH anch’io mi aspettavo altro (vedi Bonilli) ma ero comunque felice per le idee sugli ingredienti, e accetto la mia delusione sul mito perchè ero io stessa che mi ero creata della aspettative, lo reputo comunque geniale e sono davvero contenta che Sigrid me lo abbia raccontato un pò.
La logorrea dilaga…..
Buona giornata a tutti Giu
be’ sei riuscita a cogliere tutti questi particolari in una presentazione, in cui hai anche fotografato, chapeau!!!!
Col mio banalissimo e terreno sorbetto di pompelmo pero’ stamattina mi sento un pochinino Hermiana anche io….a mille anni luce, ma che bello imparare, e lasciarsi stupire :))
Grazie grazie per il reportage :))
Ma c’è fra voi qualcuno che sa quanto costa il brunch da Antonnello Colonna, lì all’OPEN dov’è stato il Risotto Day?
r
@acquaviva
Ma io non ho giudicato la Sig.ra Sigrid o il suo sito, non ho mai detto che la signora si occupa solo di grandi chef, non mi sembra di aver offeso il lavoro di nessuno, scusate se non sò scrivere in italiano ma a me sembra di aver ironizzato sul Sig. Hermè e la sua pelle di squalo.
Ho solo dato una mia opinione su questi grandi chef ma non su chi ha scritto su di loro.Il fatto di lodare i “cuochi normali” è venuta da me ma non perchè nessuno l’abbia mai fatto sul sito.
Non sò, scusate, forse non mi sono espressa bene.
Comunque buon fine settimana a tutti.
P.S: Forse avete travisato dato il nick, ma questo lo uso da sempre, è l’indirizzo della posta elettronica.
@ acquaviva
perfettamente daccordo con te. Mantengo le mie riserve sulla cucina molecolare/destrutturata che un po’ conosco da vicino. E’ una questione filosofica: per me nella maggior parte dei casi non si esalta la materia prima ma si snatura. Sono comunque aperta: assaggio, annuso e osservo con piacere ed interesse, non condanno a prescindere. Diciamo che la mia é una considerazione personale, maturata a posteriori; ma sono la prima a ricredermi se ce ne é motivo. Penso come te che la cucina sia contaminazione: da napoletana sono consapevole dell’eredità lasciata nei secoli da quanti siano passati dalle nostre parti: francesi,spagnoli, arabi e perfino…ungheresi. E mi fermo qui ai piatti considerati “della tradizione”. Poi, da italiana all’estero, sono intrinsecamente “contaminata”…e quanto mi sento arricchita per questo!
eilà! come siamo filosofici, riflessivi e profondi! qui oltre a ricette golosissime, reportage fotografici fantastici offrite anche ottimi spunti di riflessione.
w il cavoletto!
ps: SIGRID ieri sera avevo ospiti a cena e ho preparato il tuo mini cheese cake con mostarda di pere: un figurone!!!!! GRAZIE.
@mila: logorrea di coppia stamattina… missà
@maki: non ho capito… ma nella tua percezione Sigrid dunque è una persona curiosa che tramanda il lavoro di tanti cuochi appassionati conosciuti e no, recensisce trattorie oltre ai blasonati e ripete con tenerezza i piatti tipici calabresi e regionali che da brava straniera ha cercato subito di imparare e piubblicare, oppure è una lecchina incompetente che si sdilinquisce in modo acritico dietro il primo nome altisonante che passa tanto per dire “io c’ero, ho imparato inarrivabili trucchi e me ne vanto”?
A me sembra che in questo blog succeda di tutto, logorrea mia odierna compresa, ma che sia difficile giudicarlo un luogo senza rispetto per l’amore e la passione di tanti bravissimi cuochi “qualsiasi” e senza riconoscimenti per la tradizione italiana… come per quella di molti altri Paesi.
eh eh………..per il due abbiamo aspettato la moderazione! Ma era pure divertente cosi’…….laconico! Ma quanto sono logorroica questa mattina? Cenzina mi scuserà, spero: non é mia abitidudine….in genere mi trattengo!!!
@mila: ah, ecco, scusa ma a me il punto 2 prima non era apparso… misteri della scienza e della tecnica!
Certo, la discriminante è il gusto, però in questo caso permettimi di dire che la tua opinione sulla cucina destrutturata ha lo stesso valore di quella di Maki sulle radici giapponesi in pasticceria. Certi sindaci che vietano l’apertura di ristoranti etnici nel loro comune testimoniano decisamente l’ignoranza della storia in assoluto, oltre che di quella gastronomica e mi fanno più paura di un comune mortale senza “potere di comunicazione” che non sa cosa sia il wasabi (o il sifone, o il sottovuoto, per dire) e dunque ne diffida.
Quando invece le diffidenze sono di addetti ai lavori secondo me un conto è argomentare una cesura meditata(vedi il tuo sifone), un conto è la chiusura mentale verso lo sconosciuto. E qui torniamo al discorso di prima: il “limite” resta personale fino a che questo cuoco non diventa un opinion leader. Chissà che succederebbe a Maki se ricevesse una stella…
@sigrid
@acquaviva
La mia ironia era su questi cuochi che preparano delle pietanze stratosferiche (irripetibile da chiunque) che tutti adorano come dei guru facendo perdere di vista quei cuochi che cucinano per amore, che anche se ti fanno una pasta e fagioli lo fanno con amore, passione, attenzione e professionalità. Ecco io vorrei fare un bell’applauso virtuale a tutti loro che ci hanno tramandato la buona cucina italiana.
E ora scusate ho uno squalo in cucina da spellare, la vecchia grattugia si è rotta :-)
@mila al punto 1: secondo me non è solo una questione di chef: dopo le torri gemelle è dilagato un bisogno assoluto di rifugio e rassicurazione che ha preso molte forme. I consumi sono virati o verso l’intimista (arredo casa bene, ci metto una tv gigantesca, il satellite ed il computer per restare collegato al mondo, mi attrezzo da paura cucina e bagno e condivido con famiglia e pochi amici il piacere di essere vivo ed il gusto di una nuova forma di focolare che mi coccoli e mi difenda dalle brutture del mondo) oppure verso la negazione (viaggi, ristoranti e follie, per godermi la vita adesso dato che “del doman non v’è certezza”…
In questo panorama il cibo, uno dei bisogni primari, è diventato simbolo e riferimento con grandi significati di rassicurazione su entrambi i fronti. Cucinare è in fondo “trasformare la materia con le mie mani ed il mio cervello”, una specie di nuova forma di potere che vale nel privatro della casa come sotto i riflettori del grande ristorante, ed i nuovi divi sono dunque a maggior ragione quelli che sanno farci percepire la qualità ed il valore dei nostri gesti quotidiani anche in tema di cibo. Il bio, la riscoperta della tradizione locale, l’esaltazione della sperimentazione fisica e chimica, la fusione dell’etnico e le mille altre forme di pensiero gastronomico attuale secondo me non sono delle mode, sono tutte risposte al bisogno di appartenenza e rassicurazione scatenati dalle nuove paure del vivere contemporaneo, un rifiuto del nichilismo, un’affermazione della personalità individuale e collettiva. Ora è interessante vedere come la crisi economica interviene su questi stati d’animo. Discussioni sui prezzi nei ristoranti e al mercato, sull’origine e sulla qualità del cibo, sui costi dell’energia per stoccaggio, trasporto e lavorazione… avete visto quante cose già si stanno muovendo?
Il punto 3: l’aspetto ludico della cucina è per fortuna uno degli aspetti scanzonati (e forse più consolatori?) della faccenda, perchè esaltare l’aspetto vitale del quotidiano è una delle forme più antiche di sopravvivenza umana e di certo un’ottima risposta ai momenti un po’ uggiosi dell’esistenza…
(p.s. ma il tuo punto 2?)
3.Non c’é una componente ludica nella cucina? Io dico si’!!!! E questo ci permatte di sperimentare divertendoci. Certo, bisogna restare lucidi e se possibile un po’ critici, soprattutto se ci si trova dall’altra parte della barricata………..che se no finisce che lo chef pensa di poterci rifilare qualunque portcheria a suon di soldoni. E là l’unico a ridere sarà lui…
2.Cos’é la cucina tradizionale? Chi si arroga il diritto di fissare una linea di demarcazione, non commette un abuso? Mi spiego meglio. Ho trascorso buona parte della mia (ancora per poco, sigh!) giovane esistenza a Napoli. Quando si parla di tradizione partenopea, c’è chi pensa immediatamente a melanzana e pomodoro, salvo poi scoprire che per secoli i napoletani si sono rifiutati di mangiarli: la prima perché si riteneva rendesse pazzi (quei geniacci ci hanno messo un po’ a capire che la cottura sia indispensabile) ed il secondo perché ,come tutto quello che arrivasse dal Nuovo Mondo, destava sospetto. Se si passa in ambiente transalpino c’è il più noto caso della patata e del suo strano destino: se non ci fossero state un paio di carestie, qualche pestilenza ed un certo Parmentier, non se le filerebbe ancora nessuno! La cucina inoltre E’ contaminazione. E’ un fatto innagabile. Per dire che mi sta benissimo la torta di mele, ma non viene il dubbio a nessuno che magari un tempo non si faceva dalle parti nostri e che magari un cuoco di una corte europea, una « star » del tempo l’abbia introdotta pure dalle parti nostre? Non ne ho la minima idea, ma é possibilissimo. E allora che facciamo? Non la mangiamo più? Concludendo a me quelli che si chiudono in questo modo fanno lo stesso effetto dei puristi della lingua. Con che diritto si dice « questo no, non é un elemento autoctono e allora via! » (che già in sé mi fa venire i brividi)
Per quel che mi riguarda l’unico criterio é il gusto: cosi’ come non dico bypassare (io non bypasso niente, semmai supero o aggiro) allo stesso modo sono impermeabile alla cucina destrutturata di Adrià e alle verie cotture all’azoto liquido. Resto titubante davanti all”uso del sifone, soprattutto per alcune preparazioni: quandoo il piatto é pronto é bellissimo, con la nuvoletta sopra ha un che di aereo, acquista « verticalità »………..il problema é che se il personale di sala non fa i 100 e i 200 metri, quando il cliente lo riceve, il piatto, finisce per domandarsi se lo chef non abbia ptialinato nel piatto, a mo’ di firma. Per me la grande rivoluzione é rappresentata dalle cotture a bassa temperatura e dal sottovuoto, che permette di conservare, cuocere e riscaldare come un tempo non si sarebbe mai fatto.
E polemica fu!
Che poi Sigrid ci é abituata (o no?)
Non rispondo direttamente a Maki….. anche perché sarebbe troppo facile uscirsene con « certo non ka…….iamo te, puoi tornartene alle torte di mele in tutta tranquillità ».
Mi sono venute in mente ,invece, considerazioni di carattere moooolto più generale:
1.da dove nasce quest’innegabile moda intorno a tutto quello che fa « cucina »? La tv ci sommerge di programmi, sembra che tutti siano ossessionati dall’acquisto, dalla preparazione e dal consumo di cibi – nell’ordine: originali ma tradizionali, buoni ma anche belli, sani ma appetitosi… il massimo é se sono bio. Salvo poi scoprire che in realtà l’occidentale medio mangia proprio male, ha le vene e le arterie ostruite, a forza di « raffinare» tutto si ritrova a comprarsi le fibre in farmacia, per non parlare di patologie ben più gravi e per le quali si é vista una connessione con le abitudini, non per ultime quelle alimentari. Sarà anche questo il segno dei tempi?
Per inciso, mi sono ritrovata a fare l’aiuto di uno chef stellato per un certo periodo. Quando amici e parenti lo scoprivano, invece di dirmi « ma come, con il tuo CV, tanti anni all’università ed esperienze varie ,fai la cuoca? » mi dicevano estasiati « beata te, cerca di carpire qualche segreto, poi ce lo fai sapere » (?)
accidenti, basta assentarsi 24 ore e in piazza del cavoletto di comincia con Herme e si arriva alla filosofia…….
PH… che dire, timido, introverso, geniale, come tutti i “grandi”, avete mai trovato un artista che non sia “particolare”? è intrinseco nel fatto di essere artista.
Poi, “de gustibus”, può piacere oppure no.
Io a Parigi da PH ci sono stata, fra l’altro per puro caso, senza sapere chi fosse e sono rimasta sconvolta dalle sue creazioni.
Irripetibili, da qualsiasi altro essere umano.
Un pò come la Gioconda.
@sigrid, sei sempre splendida nelle tue interpretazioni
@bonilli, è geniale, è un artista, ma è anche un uomo, perchè la delusione?
Magari quel giorno non era al 100%, credo glielo si possa permettere :-)
@acquavivazen: non ho parole…. e sul discorso chef/essere umano concordo con te, prima di tutto sono “persone”, come già ti raccontai tempo fa, conosco bene uno chef stellato, 2 michelin, è una delle persone migliori che conosca, eppure di lui non fa mai parlare, delle sue stelle lo sanno solo gli addetti ai lavori e gli amici più cari e, spesso mi dice “mollo e vado dove nessuno mi conosce a fare quello che mi piace. cucinare per le persone, non per la pubblicità”. Nonostante tutto.
@ Acquaviva: in grande spolvero stasera eh! Ok ok, ti assumo insieme a Giu per animare la parte culturale della trasmissione tv di Sigrid e Bressanini (quando avrò i soldi e la produrrò, ovviamente…)
Ho assaggiato i macarons di Hermé al pompelmo e wasabi e devo dire che sono originali e soprattutto paradisiaci …
…certo io sono proprio fortunata, perchè conosco una persona nè mitica nè famosa che il wasabi nel dolce lo mette già da un paio d’anni…. (in realtà la conosce anche sigrid, perchè mangia il gelato fatto da lei, e se non sbaglio ne ha parlato nel blog una o due volte)
oddio mi sa che ho scritto un commento che capisco solo io… meglio che vado a mangiare, và!
Posso dire che nessuno dei due mi ispira molto? sarà che anche l’occhio vuole la sua parte…
Sigrid di Hermé non dico nulla perchè lo conosco solo attraverso le tue parole… anche se l’accenno di Bonilli alla sua timidezza conferma la sensazione che mi ha dato la tua foto, quella di una persona molto “umana”. Non so cosa ci si potrebbe aspettare da lui e per ora resto ignorante in materia: devo ancora riprendermi dalla folgorazione del wasabi nel dolce, sono dunque troppo frastornata per approfondire altro che lo riguardi. A me comunque il tuo post sembrava semplicemente la cronaca di un’entusiasta e consapevole “relazione tecnica”, il culto della personalità è ben altra cosa…
Per restare invece in Italia ed alla mia esperienza personale, gli chef “famosi” che conosco direttamente hannno pregi e difetti professionali e personali come chiunque, ed anche a loro succede quello che capita di solito alla gente di spettacolo: tutto viene amplificato dai riflettori. C’è chi di loro ci gode e chi si scansa, chi continua a meritare la fama chi si adagia fra gli allori, chi resta chef inside chi diventa quasi solo personaggio, chi attraverso la fama esalta alcuni lati del proprio carattere e c’è pure chi ne viene messo in crisi…
Inoltre, per inciso, anche loro non vivono di “folgorazioni pure”, ma le loro creazioni sono frutto di un continuo lavorio di ricerca ed ascolto (è il momento storico che crea gli eroi, non esiste il genio puro o la scienza infusa, diceva qualcuno già a fine ‘800…).
Ed ora ti intreccio per bene i due discorsi: tredici anni fa, convinta di entrare in un ristorante di cucina emiliana, ho trovato tra i secondi un magnifico “coniglio in pasta kataifi”. Ho chiesto di conoscere il cuoco ed ho scoperto una persona orgogliosa del suo lavoro, un po’ imbarazzata, poi comunicativa fino alla logorrea, curiosissima nei viaggi, confusa sulle scelte che lo aspettavano, allora in (secondo lui) pausa di riflessione. Siamo rimasti amici, ora è un due stelle Michelin che corre per la terza, ma poco tempo fa mi diceva di essere tentato di mollare tutto per aprire un baracchino di pesce su una spiaggia tropicale dove nessuno conoscesse il suo nome.
Conclusione: è un essere umano con le sue fragilità, la sua creatività è basata sull’umiltà del lascarsi ispirare mista all’orgoglio di aggiungerci del suo, e probabilmente senza la sua sensibilità caratteriale la sua professione oggi sarebbe solo puro esercizio. Per come è fatto (ma vedo che non vale solo per lui) la frenesia della fama a volte gli toglie il gusto del cucinare, e si salva viaggiando, abbandonandosi all’anonimato ed alle idee, tradizioni e sensibilità gastronomiche altrui.
Quindi in questo caso (un po’ zen?!) il valore sta nell’uomo e, per quanto tecnicamente giustificato, non sempre declamare come artista l’artigiano ed esaltarne pubblicamente le doti è la cosa per lui migliore, umanamente e professionalmente intendo… (Comunque, come vedi, sia tu che Hermé in quanto ad umanità, ispirazioni ed a “idee rimescolate” siete in buona compagnia…)
@acquaviva: devo dire che sei di un zen invidiabile (dai dimmi come si chiama la chicchissima tisana di erbe giapponesi che ti prendi la mattina per stare così?? :-)) A parte che il tema è vastissimo, e per rispondere anche ai vari bonilli e delusi: in effetti, anch’io mi sarei aspettata qualche riflessione più profonda (non ce n’erano, si è tenuto strettamente alla ricettistica), o magari un dolce più spettacoloso, detto ciò, credo di aver riportato qui il tutto per gusto di condivisione, e perché avrò pensato, da qualche parte nel subconscio, che forse vi incuriosiva di sapere cosa poteva mai raccontare Hermé in simile circostanza. Detto ciò, mi accontento volentieri, anzì, penso che inanzitutto un congresso come Identità Golose debba servire proprio a questo. Cioè non all’esegesi della propria ermeneutica ma alla condivisione delle idee, se uno ci pensa è un atto di generosità e chi cucina (e non a quei livelli ma modestamente, io un po’ cucino), ci raccoglie degli spunti, è portato a confrontarsi, ad aprire i propri orizzonti e questo, in cucina come altrove, è sempre e soltanto un gran bene. Quindi, squalo e wasabi fresco a parte, ovviamente, alcune idee continueranno a gironzolarmi per la mente, e si mescoleranno prima o poi con altre idee, voglie, curiosità, e in quanto tale io a Hermé non posso che essere grata, per aver condiviso ecco. Per il resto, non credo molto ai cuochi star, cioè se gli prendi singolarmente, e a parte rari eccezioni, è gente appassionata e schietta, sono artigiani con esperienza, ed è quindi sempre interessante osserarli e ascoltarli. E se Hermé è un ”’mito”’ beh è semplicemente perché ritengo di aver assaggiato da lui grandissime cose, perché ho sempre trovato, in pasticceria e nei suoi libri, gran belle idee, e gran belle realizzazioni. E questo quindi non mi pare un ingiustificato culto della personnalità, credo che semmai equivalga a riconoscere il merito. Per quanto riguarda invece la torta di mele, beh, intanto, c’è torta di mele e torta di mele, che vor’ ddi’… :-)
@precisina: … “impettita”?! No, no, dal Giappone sono sempre “trascinata”… è più forte di me! Figurati che ho praticamente ignorato la versione patate+zafferano tanto mi ha basito il pensiero del wasabi dolce…
@maki (che già in giapponese vuol dire involtino…) [ti]tikaka (quasi un lago andino…) riflettevo che senza volere hai scelto un nick molto più internazionale e contaminato dell’ironia che pensavi contenesse…
In realta sono decisamente d’accordo con te sull’eccesso odierno di adorazione per chef che ancora prima che cuochi sono personaggi. Credo sia il periodo storico dell’apparire, ed anche in cucina si finisce per credersi “very important” più perchè si appare nei rotocalchi che per la cura e l’innovatività del proprio lavoro. Quindi urgono distinzioni in assoluto, al di là anche del pasticcere quassopra…
Io poi non sono mai stata da Hermè, non ho assaggiato cose sue e non ho letto i suoi libri, e per inciso non sono neppure golosa di dolci.
Detto questo però, se vedo qualcuno, che sia una persona famosa oppure il garzone del bar sotto casa, che mi propone yuzu (asperrimo e profumatissimo), wasabi (piccante tanto che in gergo viene chiamato anche “lacrime”) e macha (amaro) insieme in una preparazione dolce, prima penso “wow!”, poi provo ad immaginare il sapore risultante (anche senza pensare di riprodurlo a casa, semplicemente perchè non possiedo tecnica ed esperienza, non perchè non possa immaginare di sostituire la pelle di squalo con la grattugia delle mele di quando ero bambina…).
Tu invece possiedi tecnica, esperienza e probabilmente anche un palato più raffinato del mio, e parlo sinceramente. Per questo mi stupisce che la cosa non ti incuriosisca, magari per capire meglio ciò che non conosci e, appunto, poi per negare l’abbinamento, migliorarlo o fartene in qualche modo contaminare. E tornartene poi tranquillamente anche alla torta di mele, ma con la consapevolezza di cosa hai criticato, e magari pure la soddisfazione di saper fare di meglio, sia in termini di tecnica che di creatività, o perlomeno con il piacere di avere condiviso.
@makitikosa: devo dire, è sempre splendido trovare persone umili e rispettuosa del lavoro dei pari, lol :-D
@Precisina
dai, non te la prendere, la mia era solo una battuta…figurati, se c’è una persona curiosa e molto poco “italiana” quella sono io !!! oltre alla curiosità, però anche un pochino di ironia ogni tanto non guasta e poi non volevo certo offendere nessuno :-)
@Virò, quando trovi la pelle di squalo fammi un fischio che vengo a casa tua ad assaggiare il capolavoro di Hermè. Io sono sempre pronta alle nuove esperienze, che poi che sarà mai, na torta con la roba giapponese.
Io sono innamorata di Giu.Delizioso!
un grande ringraziamento a Sigrid che ci regala questo tipo di emozioni………però non sono ricette che si possono propinare a chiunque.
oh mamma :-D questo sì che è un mito per tutti i golosi come me! ma ha una vaga idea questo signore di come mi sento (e come si sente il mio stomaco) a vedere i suoi capolavori? immagino di no :-D ..ma mi creda sulla fede!
grazie per queste note informative. sono piacevoli questi tuoi (foto)reportage veloci e frizzanti forse io li prendo come “pour parler” e non li carico d’eccessive aspettative, nonostante la pomposità del nome. a prescindere dalla riproducibilità del prodotto, mi piace sentire l’esperienza altrui, anche riguardo a cose che mai mangerò. sono dettagli comunque evocativi e stimolanti…
@Sigrid Anche ad un occhio non esperto come il mio appare chiara la differenza tra le “tue” foto e le immagini prese dal maxi-schermo… Una volta abituati al tuo modo di raccontare con le immagini le altre appaiono anomine!
@ Makitikaka Una bella fetta di torta di mele (o, ancora meglio, al cioccolato!) appaga sicuramente il gusto dei golosi ma queste sperimentazioni con ingredienti ed accostamenti inusuali nutrono la curiosità di chi ha il piacere di guardare cosa accade oltre la staccionata del proprio cortile…
@sigrid: io e la mia insalata siamo rimaste così :-O a parte tutte stè amicizie fighissime, come il giapponese e il suo wasabi, è ovvio che quest’attenzione per ogni minimissimo dettaglio ne fanno il mito! per forza! una domanda per la crema al mascarpone: com’è che la crema inglese con tanto di colla di pesce va, poi, montata? pensavo che dopo il raffreddamento le preparazioni con la gelatina andassero lasciate così come sono… mumble?
@acquaviva: anche tu mi lasci… senza parole! ti ho immaginata tutt’impettita, lì a descrivere minuziosamente l’astrusa grattugia!!! :-)
@giu: ancora, senza parole… credo d’avere riso per la storia dell’entrè oltre ogni umana decenza!
@qualcuno li’ e qualcuno qui: è sempre un po’ triste leggere alcuni commenti un filino ‘chiusi’… oltretutto su un blog come questo. molto probabilmente non scapperò a comprare la pelle di squalo oggi pomeriggio, ma il piacere di sapere? soprattutto perchè lì non c’eravamo… lo dico/non lo dico, lo dico: purtroppo, fa tanto ‘italiani’!
io AMO pierre herme!!vorrei sposare quel suo viso rotondo e il pancino paffutello per potermi assicurare tutto quel paradiso per me e me solamente!!ovviamente gli farei chiudere la sua pasticceria (che io chiamerei più boutique, o gioielleria) perchè non è giusto che tutti possano provare le sue creazioni..quando posso averle solo io!!o no??:P
ogni volta che andavo a far colazione da lui e ad appropriarmi della mia dose giornaliera di zuccheri ero presa dall’ansia di trovare prima di me una donnona che portasse via tutto!per fortuna questo non è mai successo (per ora):))
Straordinario!
Siccome la pelle di squalo l’ho finita, che dite la borsetta in pelle di coccodrillo andrà bene uguale?!
Io ho fatto la scuola alberghiera in tempi non sospetti, cioè quando i cuochi erano cuochi e presi anche per i fondelli dai ragazzi delle altre scuole perchè si “puzzava di fritto”.
I ruoli si sono ribaltati, i ragazzi che ci sfottevano vengono alle nostre lezioni, spiano i nostri movimenti come se lì ci fossero le risposte ai loro dubbi esistenziali, pendono dalle nostre labbra come se fossimo dei guru ma in relatà li prendiamo per il c..o con queste ricette surreali.
I dolci saranno stati sicuramente strabilianti e buonissimi ma vuoi mettere mangiarti una bella fetta di torta alle mele.
Dommage que je ne comprenne pas tout … en tout cas les photos m’ont fait rêver !
Tò… proprio ieri sera ho chiuso l’ultimo barattolo di Confiture Belle Helene, semplice e ispirata ricetta del signor Hermè. Sui suoi libri molte cose sono semplicissime, ma dal risultato fuori dal comune. Questi vasetti li ho preparati per chi amo… Parto per un po’ e lascio una scia che sa di cioccolato, pera, arancio e limone. Che coccoli, che conforti, che dica ti voglio bene, che dica pensami. Mio dio quante cose in un semplice vasetto.
eh sì, ci siamo cadute tutte (tombèes amoreuses, si dice così?) con PH…
Grazie per il post, mi piace Sigrid in avanscoperta!
Ciao!!
Leggere i post di Sigrid e guardare le sue foto è come andare al cinema e sognare di preparare, imparare.. riuscire…
Leggere i commenti di Giù – oltre a riempire di allegria – è vedere il risvolto della medaglia…
Leggere BarbaraT è tornare con i piedi per terra!
@ Sigrid, grazie per questo post. Davvero molto istruttivo. Se mi ha entusiasmato l’Entre e la tua descrizione me ne ha quasi fatto sentire il gusto, mi ha parimenti deluso l’Emotion, sarà perchè alla fine ti resta il gusto della patata… e sinceramente non mi piace neppure dal punto di vista squisitamente “estetico”. Comunque la crema inglese al mascarpone è una cosa che anche noi comuni mortali possiamo riprodurre e mi sa che la uso per la torta di compleanno di mia figlia!
@ Acquaviva e Giu: mittttici!!!
… scherzi a parte, pierre hermé è un maestro inarrivabile… nel vero senso della parola! l’ultima volta che siamo stati a parigi, dopo aver girato mezz’ora per trovare un palo disponibile dove parcheggiare le biciclette, abbiamo trovato quaranta minuti di coda per entrare nella sua “boutique” di pasticceria… e non avevamo nemmeno fatto colazione per provare i suoi incredibili croissant..
gioco forza, il quasi-marito e il mio stomaco hanno sabotato l’esperienza..
i macarons di p.h. restano per me, tuttora, una figura mitologica.. una delle migliori scuse per tornare nella mia città preferita!
a beh, ecco… giusto in tempo in tempo per aggiungere nella lista della spesa per la giesse, tra le voci carta igienica e shampoo, ho appena inserito nell’ordine:
radice fresca di wasabi
yuzu
patate charlotte
….
considerando che l’ultima volta mi hanno guardata come se fossi appena atterrata da marte per aver chiesto se per caso avessero dei topinambur…
per la pelle di squalo, preferisco soprassedere…
il banco del pesce della giesse in genere lo salto a piè pari… non c’hanno ‘manco le cozze pelose, figuriamoci se hanno la pelle di squalo..
@ Sigrid
Le creazioni di Pierre Hermè sono bellissime, io resto incantata a guardarle e le tue foto sono bellissime e come al solito fanno venire l’acquolina, però come il Sig. Bonilli sono un pò delusa perchè prima di leggere il post ho visto Hermè e mi aspettavo qualcosa di più spettacolare.
In effetti qui la sorpresa viene dall’uso degli ingredienti, il Wasabi per il doce non mi sconvolge affatto, piccante e fresco starà benissimo con la nota agrumata dell’ hentrè, bello anche il connubio crema inglese mascarpone, che proverò sicuramente.
Grazie di essere il nostro occhietto di fiducia in manifestazioni così belle, precluse a noi poveri mortali!
@Giu
la tua descizione delle ricette ha completato la descrizione di Sigrid, in maniera davvero interessante, fa bene ridere di prima mattina :-))
Buona giornata a tutti Giu
Che grande, Pierre Hermé…è inutile…la classe non è acqua! Bellissimo post…grazie Sigrid! Bacioni :-)
Oddio, sto finale con la patata che rimane mette un pò angoscia. Per il resto, bellissimo questo post. Sono sapori forse troppo strani abbinati così ma voglio provare lo stesso. Curios curios.
C’era grande attesa per uno dei grandi a livello internazionale, un vero grande e per la prima volta a una manifestazione pubblica a Milano.
Io sono rimasto deluso, contrariamente a Sigrid, perché mi aspettavo di più e invece la entre à la gelée mi è sembrato un modo affrettato e distratto di presentare la sintesi del proprio lavoro a una platea di addetti ai lavori e appassionati.
Ma come, vieni per la prima volta da noi e presenti quella cosa abbastanza poco elegante?
Certo, ricca di suggestioni, sempre di Hermé stiamo parlando, ma da lui mi aspettavo tanto di più.
Andrea Petrini, che vive in Francia e lo conosce bene, dice che è timido a livelli impensabili.
Di sicuro non è un grande comunicatore mentre è un grande in cucina, in laboratorio e sulla carta stampata.
Di qui la mia delusione.
@acquaviva: grazie! lo ignoravo del tutto e in effetti spiegato così non fa una piega: più squali che vitelli e le grattugie si fanno con ciò che meglio raspa tra le materie a disposizione… suocera compresa secondo la teoria di Giù…
Interessante come sempre, avrei voluto partecipare anch’io ad identità golose…
Vi riporto cio’ che Sigrid ha dimenticato di appuntare, e che io per completezza trascrivo fedelmente:
Ricetta n.1:
– Entre’, e’ anche la parola che il nostro pasticciere di fiducia utilizza per pregare i clienti italiani di non soffermarsi solo davanti alla vetrina.
Poiche’ per allettarli proponeva loro dolci di questo genere, i collaboratori del Pierre hanno votato all’unanimita’ per dare questo nome al primo sollazzo del palato (anche perche’ con quel titolo cosi’ lungo, prima che il ragazzo dietro al banco finisce di enunciarlo, il cliente e’ arrivato in aereoporto e sta’ gia’ cambiando il voucher).
– Il pompelmo va siringato il giorno prima con del glutammato monosodico. I soliti ben informati dicono che in Cina, gli agrumi cosi’ trattati, li chiamano “mandarini” (ref.: Choubrupedia).
– Quando Herme’ finisce i cubetti verdi, usa con grande soddisfazione i croccantini a forma di osso del suo cane, un pechinese, che per chi non lo sapesse si chiama Saint Honoré.
– Per il wasabi, se non si ha a disposizione la pelle di squalo, andra’ benissimo anche quella di vostra suocera. Anche se per tenerle la bocca chiusa, farete sicuramente molta piu’ fatica che con l’ittiopside in questione.
Ricetta n.2:
– In mancanza delle patate fresche, si possono riciclare le patatine fritte della cotoletta dell’ora di pranzo. Il contrasto dolce-salato-fritto-unto, rende’ il bicchierino ancora piu’ esaltante, e con quel gusto retro’ dei pranzi dei bimbi ai matrimoni di qualche parente idiota che si sposa il 12 Agosto.
– Per chi non lo sapesse, il biscotto Joconde e’ un biscotto un po’ cretino, che si mette sopra i dolci al bicchiere e le coppette di gelato, e sta’ un po’ li come un ebete, giocondo appunto.
Giu
@sigrid: …!!! Non ho parole…
@maite: la grattugia per wasabi giapponese (oroshigani) è una tavoletta di legno su cui viene fissata pelle di squalo o di razza, che con la loro texture fine ed “arrotondata” permettono di liberare meglio gli aromi del wasabi rispetto ad una grattugia di metallo o di ceramica.
La pelle di squalo era anticamente usata anche per rivestire le impugnature delle spade, sempre per la sua particolare rugosità che forniva il giusto “grip”. Daltronde in occidente si utilizza per i più svariati scopi la pelle di bovino, mentre in Giappone abbondano molto più i pesci dei vitelli…
@gian dei brughi: grazie, non sono di Milano ma ci capito spesso, proverò senz’altro il tuo ristorante cinese, che in effetti non conosco
(Sospiro) avrei voluto esserci anch’io.. evabè, non si puó volere tutto (sigh). Grazie Sigrid per aver condiviso un po’ di Pierre con noi!
Hermè è un mito…per tutti i golosi!
Ho già preso i biglietti per parigi: il mio primo quarto di secolo lo festeggio con una sua millefoglie! Parigi arrivooooo!
pelle di squalo? ma la cosa è letterale? o è come la colla di pesce e quella di coniglio (non mangereccia eh…)?
…devo dire che la grattugia in pelle di squalo mi mancava… ;-)
Che bello questo post su Pierre Hermé!
La scorsa settimana sono stata a Parigi con “la mia mezza mela” e ho portato con me anche la tua guida golosa… Utilissima! Siamo anche ovviamente stati a mangiare dei fantastici croissant e macarons da Pierre Hermé… Lasciatemelo però dire… Secondo me i buoni cornetti italiani battono i croissant francesi 10 a 0!!! Un bacio a Sigrid e un saluto a tutta la “piazza”!!!
Heyyy! Sigrid che bello saperti nella mia città…
per ragioni cucinistiche ovviamente!!
Grazie per tutte le informazioni che appunti mentre io, come tanti, in questi giorni lavoro,lavoro, lavoro….
buona continuazione!!