Ohara Farmers market

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Quando appena arrivata a Kyoto cercavo in giro per la rete delle informazioni sul tofu, sono finata sul blog di un signore che si chiama Harris Salat, che aveva visitato un piccolo artigiano molto carino, cosi gli scrissi per sapere dov’era sto posto. Il piccolo produttore nel mentre si era pensionato, però fra le cose che mi disse Harris c’era la raccomandazione di visitare un giorno il mercato dei contadini di Ohara, un paesino rurale poco distante da Kyoto. E questa cosa mi era rimasta in mente.

Solo che, visitare il mercato di Ohara presenta qualche problemino organizzativo: il mercato si tiene la domenica mattina, in un paesino che si trova 10km a nord di Kyoto, raggiungibile in un’oretta con il bus (stazione centrale di Kyoto, fermata C3, linee 17 e 18, bus color latte macchiato), nei seguenti orari: 6h-10h. Ah, e dimenticavo, la consegna era: vacci presto che poi la roba finisce. Insomma, per arrivare presto partendo da kyoto quasiquasi che era meglio non andare a dormire…

Cosi, alla fine della fiera, ho ovviato andando a dormire a Ohara. Nel weekend di Pasqua (ovvero, ci ho messo due mesi e mezzo a elaborare la mia strategia :-), siamo quindi andati li, in modo che domenica alle 6, dopo una brevissima notte a dormire sui futon, siamo usciti dal nostro ryokan alle volte del mercato. Ohara si trova quindi nelle montagne a nord di Kyoto (beh, montagne mo’, culminano a circa 1000 metri :-) Resta che in queste montagne fa un pezzo più freddo che a Kyoto stessa e tant’è che quando poco prima dele 6 siamo usciti per la passeggiata di 25 minuti che ci avrebbe portata al mercato, abbiamo trovato un paesaggio invernale mezzo congelato. E ci siamo mezzo congelati anche noi :-)

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E infatti, la primaria occupazione, nostra e degli indigeni, sul mercato al mattino presto, è stata di riscaldarsi, con qualsiasi mezzo: ciotoline di zuppa di miso e, nel nostro caso, diversi bicchierini di carta di caffè bollente. Poi però pian pianino si è alzato il sole a riscaldare prima i campi circostanti e poi anche i visitatori mattutini… :-

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Cosa si vende quindi al mercato di Ohara? Beh, su per giu, ciò che viene coltivato o prodotto qui. Ma la prima cosa che mi ha colpita girando per il mercato, e che assomiglia molto a una (ennesima) passione nazionale, è l’attrazione dei giapponesi per i rami con boccioli colorati (i quali in effetti sono anche molto decorativi, diciamo che è l’ennesimo esempio di wabi-sabi – che è in qualche modo la chiave di volta dell’estetica giapponese, ha a che vedere con quella semplicità elegante che è tanto riconoscibile nelle cose giapponesi – in realtà è un pochino più complesso, leggetevi intanto la voce wiki, è interessante :-)

In ogni caso, in questi rametti ma anche in molte altre cose, quotidiane o meno, per andare a finire persino nel foodstyling (??!!!) delle riviste e dei libri di cucina giapponesi, questa sobrietà povera che sfocia in una commovente eleganza quasi melancolica, è davvero ovunque, e proprio questa esplorazione del non perfetto (perché nulla lo è, e qui ne sono molto consapevoli, e noi in qualche modo soffriamo l’eccesso opposto) è davvero un esercizio dello spirito che noi occidentali dovremmo imparare :-) Anzi, al riguardo (scusate l’entusiasma però ho trovato la mia personalisisma bibbia, che devoffa’? :) vi lascio qualche pezzettino di un testo dell’architetto Tadao Ando, che penso fa ben capire quanto il concetto sia interessante (mi sembra la classica situazione in cui è stata codificata e pensato su un sentimento che fin qui avevo solo intuito, un po’ come quando per la prima volta uno legge Merleau-Ponty, o Sartre :-) e applicabile anche a, per dire, cose come, per esempio, la fotografia… (e io che mi chiedevo cos’è di preciso quella cosa rarefatta ed elegante che c’è nello sguardo dei fotografi food – e non – giapponesi e che noi non abbiamo, beh, direi che questo tanto per iniziare è un buon elemento di risposta… Potete leggere l’interessantissima integrale qui


What is wabisabi?

Pared down to its barest essence, wabi-sabi is the Japanese art of finding beauty in imperfection and profundity in nature, of accepting the natural cycle of growth, decay, and death. It’s simple, slow, and uncluttered-and it reveres authenticity above all. Wabi-sabi is flea markets, not warehouse stores; aged wood, not Pergo; rice paper, not glass. It celebrates cracks and crevices and all the other marks that time, weather, and loving use leave behind. It reminds us that we are all but transient beings on this planet-that our bodies as well as the material world around us are in the process of returning to the dust from which we came. Through wabi-sabi, we learn to embrace liver spots, rust, and frayed edges, and the march of time they represent.
Wabi-sabi is underplayed and modest, the kind of quiet, undeclared beauty that waits patiently to be discovered. It’s a fragmentary glimpse: the branch representing the entire tree, shoji screens filtering the sun, the moon 90 percent obscured behind a ribbon of cloud. It’s a richly mellow beauty that’s striking but not obvious, that you can imagine having around you for a long, long time (…) It’s the peace found in a moss garden, the musty smell of geraniums, the astringent taste of powdered green tea.

Wabi stems from the root wa, which refers to harmony, peace, tranquillity, and balance. Generally speaking, wabi had the original meaning of sad, desolate, and lonely, but poetically it has come to mean simple, unmaterialistic, humble by choice, and in tune with nature. (…) A wabi person epitomizes Zen, which is to say, he or she is content with very little; free from greed, indolence, and anger; and understands the wisdom of rocks and grasshoppers. (…) Sabi by itself means “the bloom of time.” It connotes natural progression-tarnish, hoariness, rust-the extinguished gloss of that which once sparkled. It’s the understanding that beauty is fleeting. Sabi things carry the burden of their years with dignity and grace: the chilly mottled surface of an oxidized silver bowl, the yielding gray of weathered wood, the elegant withering of a bereft autumn bough. (…)
There’s an aching poetry in things that carry this patina, and it transcends the Japanese. We Americans are ineffably drawn to old European towns with their crooked cobblestone streets and chipping plaster, to places battle scarred with history much deeper than our own. We seek sabi in antiques and even try to manufacture it in distressed furnishings. True sabi cannot be acquired, however. It is a gift of time.

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Tornando ai nostri cavoli, cioè alle verdure del mercato, in sostanza, a Ohara si trovano sottaceti di verdure e di alghe (tsukemono), qualche signora che vende dei rotolini maki fatti in casa, altre signore che vendono pani e panini dolci (utili se stavate giusto prendendo il caffè in loco :-) e tante verdure appena strappate alla terra dei dintorni (c’erano persino delle erbette che portavano ancora le traccie della ruggiada ghiacciata, voglio ddi’, più freschi di cosi?!… :-). E infatti questo mercato pare sia anche molto frequentato dagli chef di Kyoto. L’insieme in qualche modo, immagino per la cura del dettaglio, mi ha fatto pensare – in quanto sia il mercato più simile a questo che abbia visto in precedenza, ma poi ovviamente per molti aspetti era anche molto diverso – a Borough Market, vai a capi’ :-)

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Infine, lato cibo, poiché qui, come su tutti i mercato giapponesi visti fin qui, si mangia: spiedini grigliati (utilissima anche la carboncella per riscaldarsi le mani :-), zuppa di miso e un piccolo banchetto perennemente preso d’assalto (stiamo parlando delle 7 del mattino eh..!! :-) dotato di una piastra sulla quale venivano cotti takoyaki e okonomiyaki. E infine, beh infine è spuntato fuori il sole, sciogliendo i campi e i corpi, e a quel punto non ci restava che riprendere la strada verso i templi buddisti di Ohara… :-)

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48 Commenti

  • OHARA! In questo angolo di paradiso vive la mitica Venetia Stanley-Smith! Premetto che io in Giappone non ci sono mai stata di persona (me tapina). Ma leggo tanto, ho studiato giapponese per 2 anni (non si sa mai) e poi quasi tutti i giorni, ma soprattutto il martedì seguo la NHK world…un vero pozzo di informazioni. Comunque, il martedì seguo le avventure della mitica signora che ha una scuola di lingua inglese a Kyoto, ma, vive (beata lei) a Ohara….la trasmissione si chiama “Neko no shippo. Kaeru no te” (la coda del gatto. la “manina” della ranocchia.) E tu cara Sigrid a Ohara ci sei stata di persona…che beata beatitudine…tutta ‘sta spatafiata per dirti ciò e per farti 1000 complimenti per il tuo blog che è per me fonte di infinita ispirazione. Grazie
    Nicoletta

  • I love your definition of wabisabi. Is it from a book you’ve read?

  • shayma ha detto:

    sigrid, a dream, an absolute dream these photos are. what a gorgeous experience you are living. and a beautiful concept, wabi-sabi. x shayma

  • hel ha detto:

    @gian, per semplice curiosità..come mai tutti questi punti di domanda, a sottolineare un fortisssssimo stupore??..ti sembra assolutamente completamente inventato l’articolo cui mi riferivo? :-)

  • hel ha detto:

    premesso che non ho parlato di “regole”..questo mi pare un altro aspetto..e premesso che sono laica, non cristiana (anche se questo non dovrebbe riguardare immagino)..e premetto pure del giappone ho sempre subito il fascino.. Eppoi..che i cristiani sono più altruisti degli altri chi l’ha detto scusa?? Mica io!! ;-)
    L’articolo l’ho letto dal dentista, cmq..era l’inserto di un quotidiano, o era l’inserto del corriere o quello di repubblica..e mi fido della precisazione di mariasole..Il Venerdì, dunque certo non una rivista “cristianocentrica”!
    Quello che forse è vero è che la religione cristiana, e così altre religioni sicuramente, ha parlato in effetti di perdono, di compassione,di tolleranza.. così che forse alcuni concetti – non voglio usare la parola abusatissima “valori” ma forse ci starebbe bene – sono stati assorbiti dalla nostra cultura, cos’ che adesso ne fanno in qualche modo parte, ed appartengono anche a chi cristiano non è.. Io non sono cristiana, nè cattolica, eppure sicuramente trovo la tolleranza, e la solidarietà qualcosa a cui tendere..
    E’ vero che ogni cosa è relativa, ma ci sono pure alcune cose meno relative di altre!
    Cioè..io ti ho domandato alcune sensazioni apposta che mi fido del tuo metro di giudizio..quindi, se mi dici che di quell’articolo non trovi rispondenza, sono contenta..però..se mi dici “si ok, c’è del vero, ma poi è il giusto e lo sbagliato è tutto relativo”, ti dico Bè insomma..se a 10 anni vivono un disagio come motivo di suicidio, insomma..secondo me “giusto” non è scusate :-)
    Non tutte le società orientali poi sono ugualmente “spirituali” ..io ho vissuto per un pezzetto in cina e posso assicurarti che spirituale non è! Della serie “non importa se il gatto è bianco o nero, l’importante è che mmangi il topo”..quindi mi interrogavo sul giappone, che non conosco!
    Cmq..non è neanche tanto di spiritualità che parlava l’articolo, quanto proprio di un mito dell’efficienza a tutti i costi che rende quasi s-pietati..questo mi ha colpito e di questo domandavo.
    Ricordo anni fa di aver letto che un bambino rimase schiacciato da un cancello automatico all’ingresso della scuola perchè il portiere lo aziono alle 8.30 precise nonostante stesse entrando un bimbo, appena in ritardo..e ricordo, questo mi stupì, che la maggioranza dei giapponsei diede ragione al portiere, perchè la regole era “che il cancello venisse chiuso alle 8.30”!!
    Detto questo..continuo a desiderare moltissimo di vedere il giappone..:-)

  • mariasole ha detto:

    @Gian l’articolo era su “Venerdi “di Repubblica di venerdi 2 aprile
    ciao

  • Gian dei Brughi ha detto:

    hel, per semplice curiosità, ma che giornale era quello del tuo articolo ???????????

  • Sigrid ha detto:

    uff, faccio una fatica bestiale a stare anche dietro ai commenti (e fra otto minuti scatta la mezzanotte e mi trasformo in kabocha, vabbe :-) allora…

    @hel: in realtà – cerco di non essere di parte eh – il commento che evochi mi sembra un filo cristiano-centrista (uhps, prima dovrei premettere che sono qui solo da qualche mese, che non parlo giapponese e che non ho studiato cultura orientale, insomma, prendere quello che dico con le pinze, grazie :-), voglio dire, certo, volendo (dirsi cristiani) o no, noio siamo parte di una cultura che è fondata sul peccato e sul perdono (e ci sarebbe ampio spazio a criticare pure quello e a citare fior di controesempi ma non mi ci addentro qui e ora :-), resta che quello (nostro) è un modello, poi ce ne sono tanti altri e non si vede, a priori, perché il nostro sarebbe migliore (o peggio) degli altri. Cioè, intanto, di sicuro c’è che il Giappone non manca di spiritualità, insomma, la cultura giapponese è intrisa di buddismo (che guarda caso è persino più vecchio del nostro cristianesimo), che ha valori diversi, e si sviluppa diversamente, ma, come credo tutte le religioni anzi a mio avviso è proprio ciò a cui servono le religioni, ha influito molto su come le persone vivevano e vivono al quotidiano, sui loro rapporti con sé, il mondo, la natura, gli altri, la morte, ecc. Il buddismo, giusto per essere parecchio lapidaria e quindi terribilmente incompleta, coltiva un rapporto rovesciato rispetto al nostro, che è molto basato sull’al di là (il paradiso e tutte quelle robe li) a discapito dell’al di qua, e si ancora invece molto nella natura, nell’equilibrio felice nel presente – e mi fermo qui perché senno finisce davvero che mi arrampico sugli specchi. Questa diversa perspettiva ovviamente non significa che i giapponesi non siano altruisti (quella è in una certa misura una delle caratteristiche dell’uomo, in generale, per natura, non l’apanaggio del cristianesimo, non è che è che noio siamo altruisti – uuhhh – e tutti gli altri no). Poi c’è una parte di eredità che arriva dal tempo dei samurai, che avevano un codice di onore molto preciso e spiccato, e di sicuro qualcosa di quello, e di come si interagisce con gli altri, in modo formale e quasi cerimonioso, è rimasto, ancora oggi. Aggiungere a tutto ciò che il Giappone ha grosso modo la superficie dell’Italia sonl che ci sono due volte più persone, e diventa quasi palese che con una tale concentrazione di esseri umani tutto deve tendere a essere pratico, efficace, e le regole severe, se no si ottiene il caos. Ma ti dirò, a me le regole severe piacciono (anche perché sono convinta che l’uomo non nasce civile, rispettoso degli altri e felice di pagare le tasse – per dire – tutte queste cose le acquisisce per edicazione e perché sa che se non rispetta le regole verrà sanzionato). Ma sto divagando. Quel che voglio dire è che a mio avviso è sbagliato misurare il Giappone e il suo funzionamento secondo i nostri parametri, ma sarebbe sbagliato anche per qualsiasi altro luogo al mondo, insomma, ogni civiltà ha la sua storia e il suo sviluppo proprio, è solo una questione di perspettive… :-) In quanto ai suicidi, come già detto, i giapponesi hanno quasi per natura un senzo dell’onore che è molto diverso dal nostro, e forse – almeno in parte – il lato suicidario va letto anche in questa chiave (piuttosto che nella totale e profonda infelicità dell’essere giapponese, cioè, non so se mi spiego ma credo sarebbe sbagliato pensare che ci si uccida qui per i motivi che noi potremmo ipotizzare pensando a chi sceglie di smettere di vivere – qualcuno mi dica se sbaglio…?)

    @l’altra silvia: beh, guarda, questa del consumismo ancora non l’ho ben capita, cioè, vedi, è vero che da quando sono qui tendo a comprare di più, ma stranamente spendo di meno :-) (me lo spiego con il fatto che spesso si acquisiscono cose piccole, cioè il Giappone è pieno di articolini piccolini (forse è anche legato al fatto che le case giapponesi sono piccole :-), e credo che gran parte dell’apparente consumismo funzioni su quello, ma non so se mi sono spiegata bene. In ogni caso, a me non disturba affatto, anzi, mi ci sto divertendo un mondo in questa tendenza fatta dell’attenzione ai dettagli… :-) (e ho trovato una quantità di tessutini e accessorini da cucina e foto che non avete ideaaa… :-pp)

    @apest: ne avevo letto però non ci sono capitata – ormai credo che sarà per una prossima volta ;-)

    @annarella: a me fa molto pensare al nostro modo (beh, nostro mo.. :-) di usare photoshop, creando degli esseri viventi che nella realtà non esistono e che prendiamo come modelli; e mi fa molto pensare anche a qualcosa che mi manca in Italia (e che invece in Belgio e Francia c’è in abbondanza): i rigattieri!! (arridateci portaportese! :-))

    @luisa: credo di si, però ormai sono serena – tipo che le cose sono belle finché durano ecc :-) (tranne che alla perspettiva dei 20 ore di viaggio che finiranno con l’incontro – già lo so, già mi vedo la scena – con una romanissima doganiera all’aeroporto di Fiumicino che mi farà spacchettare tutte le valigie, grmpff…. :))

    @ilaria76: ecco, sfasata come sono, mi sono anche persa il vostro compleanni! :-)) (Auguri alla più bella Banda di matti scatenati che io conosca!!:-))

    @lu: sembrerebbe di si, cioè li ho cucinati mille volte (assomigliano un pochino ai broccoletti, solo che se ne raccolgono solo le cima quindi basta sbollentarli e vengono tenerissimi), con una mia amica giapponese ho cercato di capire cosa fosse, non sa il nome in inglese ma diceva che in giapponese il nome assomiglia molto a ‘cime di rapa’ (rob de matt’ :-)

    @Apest: eh, lo conosco… ;-)))

    @francesca: infatti, pure io :-)))

    @caffettiera: nono, di tofu li non ce n’era (almeno non al mercato che ci ho fatto due pranzi, col tofu, da quelle parti :-), in realtà il post sul tofu era una cosa completamente diversa, parlava di un piccolo produttore a Kyoto (di pala in frasca quindi… :-)

    @Steu : vero, guarda, mi trasferei solo per poterli avere vicino, i mercati piemontesi… :-)

    @fenice: infatti, io caffè, tanto, e briochina (e dopo mi aspettava la colazione in ryokan con miso e salmone – pranzo a ora di colazione insomma – non mi ci abituerò maaaaai :-)

    @walter: quello è daikon (lo trovi anche al naturasi, solo che qui in genere sono più grossi e tosti rispetto a quelli nostrani), e 150 yen sono poco più di un euro. In quanto alle uova, in realtà non lo so, ho il sospetto che fossero semplicemente sode, e sembrava del sale ma non so a cosa servisse :-)

  • irene ha detto:

    queste foto e questo blog sono semplicemente stupendi!! gia prima di leggere questi post avevo voglia di andare in giappone, figurati adesso!!
    ti seguo ;)

  • un'altra silvia ha detto:

    mi calo nella scia di Hel, perché anch’io mi sono posta un po’ di domande leggendo questo post. le contraddizioni esistono ovunque, non è quindi sorprendente trovare aspetti così lontani tra loro in una stessa cultura. ma quando sono stata in giappone, una delle cose che mi ha colpito di più è l’altissimo livello di consumismo (almeno nelle grandi città), che unito a (secondo me) un gran buon gusto abbastanza diffuso, fa del giappone un paradiso dello shopping! non credo di essere l’unica ad aver avuto un problema di peso del bagaglio, nel viaggio di ritorno..! e anche senza esserci stati, abbiamo tutti in mente delle immagini e dei suoni di centri commerciali, grandi magazzini ecc. ecc. carichi di ogni bene, dal più utile al più futile! insomma, mi chiedo se questo doppio registro sia stato sempre presente nella cultura giapponese, oppure se l’estetica dell’abbondanza e del consumismo sfrenato sia un fenomeno recente, legato più a una tendenza planetaria che locale… e forse anche all’influenza della cultura americana sul giappone dopo la seconda guerra mondiale (senza nessun disprezzo per gli americani, sia ben chiaro!). qualche idea sull’argomento?

  • Stefy ha detto:

    tra 20 giorni più o meno sarò lì anch’io…sono mesi che mi stai facendo immaginare tutto così bene che…mi sembrerà di rivedere tutto invece di essere sorpresa! …grazie anche a tutti gli altri per i mille suggerimenti…nonvedol’oradiandarciiiii

  • Apest ha detto:

    Peraltro saltando di palo in frasca, visto che il soggiorno sta per finire, sei stata da Kameya Yoshinaga? E’ un negozio di dolci Wagashi tradizionali che fa anche mini corsi di cucina. Sono dei bellissimi piccoli pezzi d’arte assolutamente incredibili. E’ vicino a Shijo-dori Horikawa, facci un salto! :)

  • Annarella ha detto:

    Il discorso sull’esplorazione del non perfetto mi ha aperto un sorriso. Penso spesso al fatto che siamo incapaci di accettare i nostri limiti, e che la nostra smania di perfezione ci priva di parte di una serenità già debilitata da mille altre cose…
    Mi è venuto subito in mente un articolo che ho letto da poco in cui si citava Voltaire: “The perfect is the enemy of the good”.

    Ah… Le foto splendide, come sempre…

  • Joebracchetto ha detto:

    Con il tuo diario e le fotografie, mi hai fatto davvero provare la sensazione da viaggiatore con zaino sulle spalle che “ahimè” non riesco più ad essere…

    bel report davvero :)

  • luisa ha detto:

    il posto è veramente molto bello, ma non è che qunado tornerai avrai un pò di nostalgia per il Giappone?!?

  • Stef ha detto:

    Bel post davvero, interessante paragone con il Borough Market nel quale mi sono recentemente immerso, e splendida scoperta del Wabi-Sabi. What else? Grazie!!
    Ps: se un giorno potesse servirti, sto imparando quanto posso sui mercati contadini della zona altoatesina ;-)

  • hel ha detto:

    leggerti è “vederti” (mi riferisco alle foto) è sempre interessante! Soprattutto già un paio delle tue ricette giapponesi sono diventati piatti “ricorrenti”, (katsudon in primis)..:-).
    Ho letto pochi giorni fa un articolo sul giappone non esattamente entusiasmante.. Dicevano il giappone è uno dei paesi con più suicidi..uno ogni 4 minuti, e molti anche di bambini! Spiegavano la competizione è fortissima, già da piccoli..per cui già una bocciatura può portare ad una tale ferita nel proprio “onore” da spingere al suicidio! Descriveva, l’articolo, il giappone come un paese molto rigido, in cui la scuola che scegli già decide per il tuo futuro.. E poi ancora sottolineava come il giappone è una società che non conosce la compassione, la tolleranza..perchè non vi è alcuna religione che mai ha parlato ai giapponesi di simili valori, un paese – sembrava – affato spirituale, ma anzi materialista! Mi è sembrato strano perchè tu invece spesso hai parlato di spiritualità giapponese che hai invece evidentemente incontrato.. A te cosa sembra? che opinione ti sei fatta, cibo a parte..?

  • ilaria76 ha detto:

    Con te c’è sempre da imparare… ;-)
    Quando hai tempo passa dal forum che i fiorentini oggi compiono un anno…

    P.S: Ti aspettiamo…

  • luca ha detto:

    interessanti questi giapponesi…

  • lu ha detto:

    Ma sono delle specie di cime di rapa o cicoriette quelle con i fiorellini gialli?

  • Apest ha detto:

    Anche noi siamo andati a Oohara l’anno scorso in viaggio, a bearci del bellissimo ryokan Oohara no sato con le onsen interne… se ci torni a fare una visita vale la pena portare a casa il famoso miso di due anni, quello di tre, e le umeboshi giganti fatte da loro. Una sorta di agriturismo nipponico :)

  • francesca ha detto:

    ero wabi-sabi ma non lo sapevo!!! grazie infinite per questo post, mi ha aperto un nuovo mondo – devo saperne di più ora! bellissimo l’estratto di tadao ando, vado subito a leggermi tutta la pagina… finalmente ho un nome per il mio ‘sentire’, a saperlo prima mi sarei trasferita in giappone invece di gironzolare per l’italia!

  • silvietta ha detto:

    ciao Sigrid, mi hai fatto scoprire che questo wabi-sabi mi si addice moltissimo!!! ^_^

  • Glu.fri ha detto:

    Bellissimo Sigrid, quasi eroico, domenica, con il freddo…Le foto bellissime…
    e grazie per la citazione di Tadao Ando, cosi appena posso la rifilo al compagno della mia vita che e’ architetto e mi compra armadi minuscoli per una questione wabisabi…cosi’ finalmente gli faccio capire che ho capito il senso degli armadi minuscoli..

  • Caffettiera ha detto:

    Grazie per il concetto di wabi sabi. Hai ragione, la pagina di Wikipedia e’ proprio interessante, soprattutto mi piace l’idea di applicarla alle cose quotidiane, oggetti che hanno delle limitazioni ma fanno il loro lavoro e hanno in questo una loro dignita’.
    Detto questo, mi e’ rimasta ancora una curiosita’ sul tofu: ma c’era un banchetto di tofu in questo mercatino sperduto alla fine o no?
    Altra nota di colore piuttosto sorprendente: anche qui in Germania vanno tantissimo i rami fioriti degli alberi, al mercato!

  • Francesca ha detto:

    solo da uno specifico modo di essere traspare una melanconia nostalgica, che ha un non so che di raffinato ed elegante. Assolutamente d’accordo con te,Sigrid.

  • fra ha detto:

    Che bello… io adoro il Giappone, un giorno sarò anche io lì a quel mercatino ad ammirare i boccioli dei fiori e mangiarmi takoyaki e okonomiyaki! Che sogno!!

  • Enila ha detto:

    Coucou Sigrid,
    les photos sont toujours superbes et dépaysantes ! J’adore la façon dont ils présentent les bouquets et branches.

  • Steu ha detto:

    Confessa Sigrid: quello è Piemonte, ma quale Giappone!?!

  • Christian ha detto:

    Ciao,Sigrid,sono molto belle le foto.

  • Tutti i mercatini sono belli. Nel mio piccolo pubblicherò a breve sul mio blog qualcosa sul farmer’s market di Via S.Teodoro a Roma.
    Buon rientro a tutti dalle mini-vacanze di Pasqua.
    A presto.

    Enrico

  • Laura.lau ha detto:

    Sigrid, con te si impara sempre qualcosa!

  • Saruk ha detto:

    Ma che bello!!! I mercati poi sono una delle cose più afascinanti da visitare in un posto nuovo!

  • fenice ha detto:

    Molto bella la ragazza coi cesti…
    Certo lle 7 del mattino spiedini di carne e zuppetta… :-/ …di sicuro tu non ne hai mangiati!!

  • estrella ha detto:

    Buon giorno a tutti… il mazzetto di fiorellini gialli all’interno del secchiello mi ricordano i fiorellini degli “sparacelli” (broccoletti) siciliani..ma noto anche che le foglie, con un pò di immaginazione, somigliano un pò alle foglie di rucola O_o .. che mix! Chissà che sapore e profumo hanno ?!? Besos ..

  • CorradoT ha detto:

    Belle foto anche stavolta, vedo con piacere che i soggetti umani aumentano. Le facce, le mani, il day by day. Sempre piu’ brava, eh?
    Ecco, anche oggi ho imparato una nuova cosa, lo wabi sabi. Rozzamente lo ridefinirei come l’understatement in estetica o la pacata accettazione di un neo. In fotografia, naturalmente, significa il rifiuto di photoshop :-)
    Buona giornata

  • Lilja ha detto:

    Non non non non…non ho tempo ora (ho i muratori che mi aspettano nella casa nuova), ma ho intravisto delle foto S-T-U-P-E-N-D-E! A dopo a dopo…

  • gaia ha detto:

    niente colombe per te, oggi?
    baci

  • Cristina ha detto:

    cosa sono quelle specie di “puntarelle” nella foto con la bilancia? Vorrei avere,adesso dopo il terzo nespresso,uno di quegli spiedini a portata di mano….

  • maia ha detto:

    .. il rientro al lavoro con i tuoi post e’ decisamente piu’ leggero!

    buona giornata!!

  • bea ha detto:

    Che meraviglia… Sigrid, mi vai viaggiare ogni mattina fino all’altro capo del mondo e scoprire cose che nemmeno immaginavo.
    Ora posso anche dare un nome elegante alla mia passione per i ruderi etc…!

  • bea ha detto:

    Che meraviglia. Sigrid, mi fai viaggiare tutte le mattine all’altro capo del mondo e scopriree cose che nemmeno immaginavo! Grazie.
    Ora posso anche dare un nome elegante alla mia attrazione per i ruderi!!

  • walter rossi ha detto:

    Il modo che hai di immortalare i momenti di vita in Guiappone mi fa sempre piu innamoirare dei giapponesi.
    2 domandine
    prima)quei tuberi sopra con scritto 150, che cosa sono ed in euro a quanto corrisponde
    seconda) quelle uova ricoperte di….. sale? oppure?

  • Eleonora ha detto:

    E verramente bello..grazie Sigrid e una buona settima a te !

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