Di trippa e di tenere radicette…

Ieri sera mi sono innamorata di un piatto di insalata. Si, giuro. Questo qui. Ovviamente non si tratta di una insalata qualsiasi (ma per chi mi prendete ao?). Questa qui è una robina da agro romano, di quelle erbette che una volta si andava strappando nei campi. Ed è precisamente così che l’ho mangiata: in loco, fresca e semplice, condita con sale, olio e aglietto fresco, una robina da sturbo, insieme fresca, succosa e selvaggia, croccante e tenera, che ti fa venire la melancolia mentre ancora te ne stai deliziando perché già sai che non la troverai mai ma poi mai sui banchi del mercato. L’insalatina in questione l’ho mangiata all’osteria di San Cesareo, e sono i raperonzoli, un nome che mi fa tanto pensare alla Rapunzel dei fratelli Grimm, e infatti sembra proprio che siano le stesse identiche radicette teneri che, nella fiaba, il marito andava a rubare nell’orto della strega per accontentare le voglie della moglie incinta, peccato di gola che le costò la neonata stessa, poi battezzata, appunto, Rapunzel. (si, è vero, le fiabi sono tremendamente crudeli, ma su quello la psicocritica letteraria ha già detto più o meno tutto :-)

Ma ovviamente non è stato tutto lì. Confesso che un po’ pensavo di aver dato nello stile trattoriesco romanesco, per cui forse e a priori, ieri sera era più momento di sushi che di carbonara, ma mi sono dovuto rincredere da quasi subito. La cuoca dal cappello rosso (si chiama Anna Dente, se la volete vedere andate qui, oppure vedete l’ultimo numero del Gambero Rosso), ci ha portato, fra 1000 chiacchiere, una serie di assaggini straordinari, dal cavolo nero in pastella ai carciofo fondente con la mentuccia, passando per dei crostini di polenta con la ricotta fresca, trippa, pajata e coratella (queste ultime tre cose in tempi normali non li considerei nemmeno, e invece erano praticamente divini, io non lo so come fa la signora a cucina così, davvero :-). Poi ancora assaggi di pasta (fatta in casa – ahh…), come le lagne con bracciole morbidissime (ari-aahh… – a sinistra) e un’amatriciana (a destra) superlativa anche questa, ma che ve lo dico a fare? :-)

Insomma – che si vede che non sono di umore loggoroica oggi? – mai mangiato cosi bene le robine della cucina romana tradizionale, sul serio. Poi, tutto il resto, dalla signora schietta e vivace, al sapore della pasta, la lenta perfezione delle cotture, la passione per la pianticella dimenticata da tutti, la difesa dell’ultima pajata, i racconti epici di come hanno trasportato 500 carciofi alla romana a bruxelles e le riflession varie ed eventuali sulla cucina italiana e il sapore del carfiofo di cerveteri, ecco, ne fanno un gran bel posto. Un posto dove prima o poi bisogna andare (armarsi di pazienza – ed eventualmente di un navigatore satellitare :-).

Osteria di San Cesareo, via F. Corridoni 60, 00030 San Cesareo (RM), 06/9587950

14 Commenti

  • monichina ha detto:

    ke bello ke è il tuo blog,ma ancor di più la tua vita…io ho imparato a cucinare dirai tu, dalla mamma?no,da mio marito!ho imparato ke cucinando non penso a niente e mi rende felice,via i pensieri,via i malumori…e poi grazie al tuo blog riesco a sperimentare cose nuove.Complimenti!

  • SenzaPanna ha detto:

    Sigrid, ma siamo telepatiche??

    O ci sei stata perchè te l’ho ricordata?

    ciao
    :-)))

  • Anonymous ha detto:

    la difesa dell’ultima pajata
    mmhh… mi sembra molto strano. la pajata (intestino di vitellino da latte contenente il chimo) non è più in commercio da qualche anno -nè tantomeno è ordinabile al ristorante- a causa delle restrizioni per la BSE. probabilmente ti hanno presentato una “finta pajata” cioè il cuoco ha usato intestino di agnello invece che di vitello. che però, a dirla tutta, fa una bella differenza con la pajata vera. certo se non l’hai mai mangiata non noterai la differenza, e probabilmente non avrai mai il piacere di assaggiarla. a meno che non ti compri un vitellino da macellarti in casa clandestinamente(oppure ti fai amico un macellaio connivente).

  • elena ha detto:

    ma chi è sto “poveraccio” reggicarciofo? poveraccio in senso buono, ci mancherebbe!!

  • Anonymous ha detto:

    … mi fa sorridere l’espressione del ragazzo che tiene il carciofo … sembra dire “va bene ti reggo il carciofo ma nel frattempo mi faccio gli affari miei” …
    Un bacio
    f.

  • Elisa ha detto:

    Bona la trippa, le braciolette con quelle lasagnette e i rigatoni con la pajata, per non parlare delle erbette tenere tenere strappate dai campi…io ne so qualcosa ;) Buonissimi i dolci, ma la mia preferenza va al salato e non mi curo della Quaresima :))

    P.S. io sono stata capace di perdermi con il GPS…chiedi a Sandra…che odio quando dice “girare piu’ avanti”, pero’ a Milano e` una salvezza :D

    Anonimo: la localita’ e` San Cesareo, giusto, ma l’autostrada e` la MI-NA :)

  • Anonymous ha detto:

    Grazie vado a vedere il sito Hoepli
    Silvia

  • Anonymous ha detto:

    Attenzione il comune si chiama SAN CESAREO c’è l’uscita sulla Roma Napoli, mi pare quela dopo Frscati direzione Napoli

  • margherita ha detto:

    ciao sigrid! bellissimo post e la foto col carciofo e’ semplicemente glorious!

  • eli ha detto:

    Ma Sigrid,
    il primo giorno di Quaresima, non si mangia la carne…

    (Leggi la cosa con ironia, te lo dico solo perchè personalmente farei a meno della carne quasi sempre e per la trippa puoi togliere il quasi! Immaginati come mi sono sentita stamattina a trovarmela spiattellata sul tuo bellissimo blog, al posto della ricetta dei macarons o della torta della foresta nera oppure un nuovo dolcino al cappuccino o, che ne so, una frolla zuccherata con dello sciroppo di amarene al posto dello zucchero. Insomma qualsiasi cosa – la mia prefernza va ai dolci, come avrai capito – ma la trippa proprio no!!!)

  • Monica ha detto:

    Per l’anonimo che abita a parigi, io l’ho comprato sul sito Hoepli.it, magari puoi farlo pure tu!

  • Anonymous ha detto:

    Buongiorno Cavoletto,
    dove si compra il tuo libro? io abito a Parigi, ne hai scritto uno anche in francese?
    Grazie e ciao
    Silvia

  • Monica ha detto:

    Ciao Cavoletto sei molto brava, anzi sei proprio un genio!
    Un blog cosi’ bello non l’ho mai vosto, ho gia’ comprato il tuo libro, dovrebbe arrivarmi a giorni spero e non vedo l’ora di preparare qualche tua ricetta!
    Il mio sogno e’ sempre stato essere una bravissima cuoca, non professionale, ma anche solo in casa.
    Me la cavo ma ce ne vuole di strada…come hai imparato tutto questo?
    Secondo te i corsi di cucina servono o e’ meglio abbondante passione e senso del gusto?

  • Barcellonese ha detto:

    Io ad esempio mischio all’insalata butto i ravanelli interi, sempre che le foglie siano belle, ovvio…sono amarognole, buonissime, e quando lo dico in giro mi dicono sempre “ma davvero ci metti pure le foglie? Che schifo!”, che schifo?, ma le avete mai assaggiate, mischiate al resto dell’insalata? Al mercato me le mettono da parte, qui preparano i ravanelli “sbarbati”, preparano bustine asettiche con queste palline rosse e basta. Che tristezza…

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