Dolcetti di marzapane ebraico-iracheni

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Certo che già il nome è tutto un programma. Torno oggi con una puntata gastroletteraria che era un po’ che non ne facevamo e invece leggere ci fa sempre venire una gran fame! Fra l’altro la mia signora dei libri, aka Ophelinha, non manca mai un’occasione di segnalarmi ricette letterarie stuzzicanti incontrate nel cammin delle sue letture e io ho ormai una lunghissima lista di cose da cucinare prima o poi, dalle patate di Truman Capote ai cupcakes di Mr Darcy passando per l’hamburger di Hemingway o il budino di pane della mamma di Jane Austen. Ho quindi come impressione che la prossima puntata non si farà attendere molto, intanto per oggi vi ho portato un dolcetto per il tè/caffè pomeridiano, un dolcetto che ci arriva dritto da How to Be a Heroine: Or, What I’ve Learned from Reading too Much di Samantha Ellis. Ecco cosa ne dice Ophelinha…

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Samantha Ellis scrive per il teatro, vive a Londra, ha origini ebraico-irachene e nutre fin da piccola una vera e propria ossessione per le eroine letterarie che racconta in un frizzante romanzo di formazione autobiografico. La Ellis descrive come le protagoniste delle sue letture abbiamo contribuito allo sviluppo del suo carattere, alle sue scelte, alla delicata transizione da ragazza a donna, tra le mille aspettative, pretese e limitazioni imposte dalla piccola, ristretta comunità ebraico – irachena londinese.
L’interesse di Samantha per queste appassionate, carismatiche, contraddittorie figure femminili parte dall’affascinante, avventurosa storia di sua madre.
Gli ebrei di Baghdad non hanno certo avuto una vita facile: protetti durante la dominazione ottomana, hanno iniziato a essere preda di discriminazioni e persecuzioni tra le due guerre mondiali, fino ad arrivare al farhud (pogrom, genocidio) del 1941, quando la popolazione ebrea è stata derubata, seviziata, uccisa.
La famiglia di sua madre, decisa a rimanere in Iraq a tutti i costi, cerca di scappare. Qualcosa va storto, e tutti i componenti vengono arrestati e rilasciati dopo tre settimane, riuscendo a scappare a Londra, dove sua madre, appena ventiduenne, si innamora e si sposa dopo pochissimo tempo con un altro ebreo iracheno. La piccola Samantha ambisce a una vita eroica, ricca di avventure, e con un lieto fine. Una delle sue prime eroine è Ariel, l’infelice sirenetta protagonista della favola di Andersen. Da bambina, la Ellis si immedesima in lei perché, come Ariel è sospesa in una sorta di terra di nessuno, tra i fondali marini e la superficie, lei è divisa in due, tra il suo desiderio di visitare Baghdad e di appartenere alla comunità ebraico-irachena e la sua vita londinese, con la sua insofferenza nei confronti delle tradizioni troppo rigide della comunità stessa. La piccola Samantha sogna, e continua a sognare, le avventure, i misteri, la magia di quella terra lontana destinata a rimanerle per sempre sconosciuta; ne agogna i colori, gli aromi speziati, i profumi esotici e soprattutto i sapori, racchiusi, come in un cofanetto, in una ricetta ereditata dalla madre, retaggio di generazioni di ebree irachene. Una ricetta che contiene in se’ la formula magica per non perdere di vista le proprie origini, e imparare a convivere armoniosamente con due diverse identità, perdendosi nel sapore dolcissimo, avvolgente del marzapane.

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La ricetta di questi dolcetti carichi di storia e di valenza sentimentale si trova nel libro della Ellis, e i suoi mafasan mi hanno intrigata fin da subito, vuoi per la loro origine così intricata che per i tanti eco che fanno risuonare in me: la parola masafan ha chiaramente a che vedere con marzapan, con il quale sono cresciuta io, quindi ci dev’essere da qualche parte un’origine comune ma fra diaspora e contaminazioni vai a capire qual’è. E davvero curioso perché la tradizione del marzapane, inteso come pasta di mandorle e zucchero, è saldamente ancorata in molte aree diverse (la Persia, il nord Europa, l’est Europa – in Ungheria c’è persino un museo dedicato al marzapane! – e il Mediterraneo, basta pensare alla frutta di Martorana, antichissima pure questa, o al marzapane tipico di Toledo). Se le intricate origini geografiche ed etimologiche del marzapane vi incuriosiscono, leggete l’ottima voce su Wikipedia. Non è chiaro quale sia l’etimologia della parola ma per quanto mi riguarda non penso sia latina (pane di marzo, è una delle spiegazioni che solitamente viene data) bensì araba, il che spiega anche come mai la stessa parola ‘masafan’ si ritrovi anche in Persia (non credo la parola sia tornata indietro dal mediterraneo dopo che la ricetta sia arrivata lì dalla Persia). Comunque sia, se intanto vi è venuta voglia di marzapane north european style, la ricetta si trova qui :) Io vi lascio intanto il brano dal libro di Samantha Ellis:

“If I can’t exactly tell you how to be a heroine, I can (in affectionate homage to Nora Ephron, who put recipes in Heartburn) tell you how to make Iraqi Jewish marzipan: masafan. Of course, it’s my mother’s recipe. And it is heroically good. Preheat the oven to 200 ° C and grease an oven tray really well. Mix 200g ground almonds, 200g caster sugar, two egg whites, some bashed-up cardamom seeds and a few drops of orange-flower water. Fill a bowl with water and another drop or two of orange-flower water, and dampen your hands in it, then roll the mixture into little balls. Pinch each one to shape it into a star. Sink half a pistachio into each centre. Bake for eight minutes, till they’re golden.”

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MASAFAN DI SAMANTHA ELLIS

mandorle tritate finemente 200g
zucchero 200g
albumi 2
acqua di fiori d’arancio 1 cucchiaino
cardamomo in polvere una presa
pistacchi 2 cucchiai

1. Mescolare tutti gli ingredienti fino a formare una pasta leggermente collosa.
2. Preparare una ciotola con acqua alla quale aggiungete un cucchiaio di acqua di fiori d’arancio, la userete per bagnarvi le mani.
3. Con le manu leggermente bagnate, prelevare noci di impasto, formare una pallina e poi un cono al quale darete la forma di una stella (guardate le foto, si fa prima a capire :)
4. Premere mezzo pistacchio in cima a ogni dolcetto, poi infornare a 200°C per 8 minuti o fino a quando saranno dorati.

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