1. Fare colazione da Eataly. Sembra una scemenza, e sicuramente lo è (aka, l’erba del vicino è sempre più verde e c’è sicuramente chi invece mi invidia la stategica collocazione di casa, sopra il famoso bar Imperial e a due passi da Andreotti, lol) io invece son contenta quando posso fare – circa una volta all’anno, due se mi va di lusso – un salto a Eataly per una veloce colazione al banco, e proseguire con un giro di spesa spensierato… (però, da fine 2011 potrò fare colazione da Eataly ogni giorno, sempre che non abbandoni Roma prima :-))
2. Gli orti del Salone. Anche questa può sembrare una cosa un po’ scontata o ovvia, ma vi posso assicurare (visto che pochi giorni prima ero a Eurochocolate che lì è davvero tutta un’altra storia, un’altro mondo) che il bello del salone non sta solo nella quantità enorme di prodotti interessanti concentrati in poche centinaia di metri quadri. No, il Salone, grazie ovviamente a Slow Food, è proprio intriso di consapevolezza, rispetto, consumo responsabile, ed è una cosa che io trovo di un sollievo e di un bello e di un auspicabile, a larga scala, in futuro, che non so dire… E appunto i piccoli orti sparsi qua e la sono li a ricordare, sopratutto ai bambini, che gli alimenti crescono dalla terra e che mangiare è anche un atto agricolo. Sono messaggi semplici e importantissimi, e sapere che c’è un luogo che vive, certo, di commercio ma anche di messaggi di questo tipo, beh, è meraviglioso… :-)
3. il numero zero. Uno stupendo progetto/sperimento degli amici di Garofalo (anzi, ne approfitterei per ringraziarli qui per l’ospitalità e sopratutto per l’entusiasma contagioso con il quale lavorano su tutti i progetti Garofalo, collaborarci è davvero un grande piacere :-), al momento un po’ un utopia non commercializzata anche se questo pacco di pasta esiste e che sta li sul ripiano della mia cucina: il grano di questi spaghetti viene coltivato e poi trasformato a Gragnano, la confezione è realizzata in polimero di mais e del tutto biodegradabile, e lo stesso per l’inchiostro, in sostanza, questa è una pasta a impatto zero, perfettamente ecosostenibile, ideata da Garofalo in collaborazione con l’Università di Napoli Federico II. La pasta ancora non l’ho assaggiata, lo farò presto, ma sono già convintissima che non potrà che essere assolutamente buonissima! :-)
4. Capperi! Sono quelli della mia donna del vino preferita, Arianna Occhipinti, e commercializzati sotto il marchio Scià. E sopratutto, sono strabuoni, roba da proiettarvi immediatamente nell’isola sicola, anzi, da ricordare certo lontani episodi di cucina per boyscout :-) ps. Trattasi di capperi iblei selvatici e raccolti a mano, conservati con sale di Mothya e basta, e appunto credo proprio non abbiano nulla ma proprio nulla da invidiare ai cuginetti di Salina o Pantelleria… :-)
5. i barattolini per pranzo, da Lavazza: semplicemente perché la presentazione era tanto carina e che la giardiniera di verdurine con pezzetti di coniglio che contenevano era deliziosamente acidula, croccante, fresca e colorata, insomma, trattasi di ideuzza per snack informali da reciclare assolutamente… :-)
6. l’insalata di frutta di Andrea Ribaldone. Conoscevo Andrea, chef del ristorante La Fermata, solo per fama e sentito dire, e ho scoperto la sua cucina all’occasione di un pranzo allo stand della provincia di Alessandria. Intanto, l’idea promozionale era semplice e perfetta, del tipo da dieci e lode: pruomuovere il territorio e i suoi prodotti organizzando un piccolo ristorante con uno chef bravo del territorio in questione. Nella pratica, esperienza meravigliosa sotto forma di 4 piatti leggeri, semplici e insieme fantasiosi e davvero ben eseguiti (e francamente il salone non mi pare il posto dove venga più facile cucinare bene, un po’ per i numeri, un po’ per il ritmo, un po’ per la bolgia incessante :-) Deliziosi gli gnocchi con salsa di barbabietola, acciughe e spinaci, tenerissima la lingua di fasone, e il colpo finale è stato questa cosina qui sopra, il miglior dolce mai assaggiato in vita mia, senza scherzi: un’insalata di frutta e verdura (si! cipolla, barbabietola, sedano…?!!! :-) alessandrina, leggermente candita, servita con un sorbetto di uva e un’altro di basilico: fresco, acidulo, appena dolce, croccante e morbido, un fine pasto semplicmente per-fet-to, anzi, forse addirittura insuperabile… con tanto di Chapeau ad Andrea, e tanto di ringraziamenti alla provincia di Alessandria! :)
7. La piadina romagnola al lievito madre: scoperta tramite Davide Dutto e Michele Marziani che ci hanno fatto addirittura un libro (ve ne parlo in un prossimo episodo :-), questa qui viene fabricata, a mano (!!) da Fresca Piada a Riccione, e commercializzata, fra l’altro a Eataly, sotto il marchio Il Trovatore. Dire che le solite piadine del commercio in confronto sono del tutto inconsistenti è ovvio, aggiungere che manco a casa a me mi vengono così è realismo, insomma, proprio buone buone, mentre la crescia sfogliata di Urbino mi ha proprio tanto fatto pensare a certi ricordi di Pesaro (solo che a Urbino, mi dicono, ci mettono le uova mentre a Pesaro no)… In ogni caso, è bello accorgersi che dei prodotti – quelli veramente buoni – appartenente a certi luoghi, e che pensi di poter trovare solo li, a volte viaggiano anche nella loro forma di eccellenza (insomma, per farla breve: stasera piadine! :-)
8. le margheritine di Stresa. In realtà queste non le ho trovate al salone, sarebbe più corretto dire che me le hanno portate al Salone (e qui aggiungere un grande Grazie a due ragazze in gamba che si riconosceranno senz’altro :-) Vengono appunto da Stresa, dalla pasticcieria Pompa, e io che non le avevo mai assaggiate devo ammettere che da ieri sera non ci sarà più canestrella che tenga, questi biscottini qui sono francamente superlativi (e deliziosamente friabili :-)
9. il tartufo. Beh, che ci volete ffa’, se andate in Piemonte a ottobre i tartufi ve li tirano dietro, o quasi, e noio questo sacrificio lo facciamo sempre volentieri.. Insomma, nel giro die due giorni si sono succeduto i tajarin col tartufo, gli agnolotti del plin col tartufo, i cardi col tartufo, le uova col tartufo e infine il risotto, quello in foto, con una ‘leggerrima’ grattugiata… Il risotto è opera di Ugo Alciati, la grattugiata finale invece l’ha ‘commessa’ Piero Alciati, i due frattelli si trovano al ristorante Guido a Pollenzo, il quale è accessoriamente il mio ristorante preferito assoluto da quelle parti :-)
10. i gianduiotti di Guido Castagna. Diciamo che se due torinesi appassionati di gastronomia e sopratutto di cioccolato quali Clara e Gigi Padovani (e che hanno appena pubblicato CioccolaTorino, 200 pagine interamente dedicate al cioccolato torinese) vi consigliano con insistenza di provare i gianduiotti di tale Guido Castagna, beh, ovvio, non potete che ubbidire e precipitarvi al suo stand per acquistare e portare a casa una scorta (nel mio caso lo si fa anche un po’ per farsi perdonare la tragica gita perugina, forse :-)) Beh, io a sto punto non dovrei neanche aggiungere nulla: gli esperti ès gianduiotti sono senz’altro loro e non io. Però, cavoli, questi qui in effetti sono proprio proprio buoni! ;-)
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